A spasso tra vini, sapori e cultura del Collio. Da Cividale del Friuli a Dolegna del Collio

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In Friuli, terra di vini e di sapori transnazionali, una nicchia speciale spetta alla grappa: a Cividale del Friuli ci attendono le splendide grappe della Distilleria Domenis 1898. Si tratta di una delle più antiche distillerie italiane: era il 1898 quando Piero Domenis inizia a distillare secondo un’antica e segreta metodologia vinacce bianche, nere e frutta realizzando una grappa diversa, di qualità nettamente superiore alle altre. Ancora oggi i ‘fondamentali’ sono rimasti invariati: anche il nuovo impianto in alambicchi è completamente in rame (con cui si ottengono prodotti eccezionali) e il metodo è discontinuo a vapore. Vanto aziendale è utilizzare – nonostante la notevole quantità prodotta e una distribuzione mondiale – vinacce solo friulane.

Negli anni di frequentazione del Vinitaly ho avuto occasione di gioire per molte di queste grappe veramente uniche: dalla storica – nelle versioni bianca 50°, nera (per alcuni, pietra miliare della grappa di qualità) e riserva barrique – alla Secolo, la sfida del centenario: 60 gradi alcolici che scompaiono in un’eccezionale ricchezza e varietà di sentori al naso e al palato. Grazie alla splendida cortesia e ospitalità friulana oltre all’aver visitato l’affascinante ‘santuario’ degli alambicchi e ‘ripassato’ le grappe già conosciute, abbiamo degustato, anche in onore della moglie che si sacrifica volentieri, i tre liquori della linea Lady D (bellissima la bottiglia con un profilo femminile) che mi avevano stupito nel loro debutto allo scorso Vinitaly.

Intense orange e Shades of orange sono splendidi per le intense e avvolgenti note di arancia: il primo (particolarmente apprezzato dalla moglie conquistata dalla perfetta fusione delle note dolci e amare) ha ottenuto la Gold Metal a Women’s Wine and Spirits Awards di Londra, mentre Mint & honey è un originale liquore di menta e miele dal gusto intenso e balsamico dovuto agli estratti di erbe aromatiche che lo arricchiscono. Molte altre ‘perle’ chiedono di essere gustate, ma la resistenza umana ha un limite per cui concludiamo quest’affascinante esperienza con un classico friulano: la Special Edition Picolit da poco premiata all’Alambicco D’Oro con una delle due medaglie Best Gold, splendida grappa giovane aromatica, morbida, armoniosa e di grande eleganza.

Sarebbe stato assurdo allontanarsi da Cividale del Friuli senza dare un’occhiata, anche se fugace, a questa storica cittadina fondata in posizione strategica da Giulio Cesare con il nome di ‘Forum Iulii’, capitale del primo ducato longobardo in Italia, sede del Patriarcato di Aquileia (737) per circa un secolo e della più antica università del Friuli e mitteleuropea (1353). Risale all’epoca longobarda l’origine dell’attuale nome, evoluzione del ‘Civitas Austriae’ imposto dai nuovi dominatori e grazie a questo suo passato – simboleggiato dall’affascinante Tempietto longobardo – Cividale dal giugno 2011 è Patrimonio Mondiale Unesco.

Diversi secoli di centralità politica ed economica hanno lasciato tracce importanti come gli edifici che circondano Piazza Duomo (di assoluto rilievo nella rinascimentale Cattedrale la Pala d’argento di Pellegrino II, un capolavoro dell’oreficeria medievale) tra i quali il gotico Palazzo Comunale che include i resti di una domus romana (I-II sec d.C.). Da non perdere il Museo cristiano con alcuni capolavori della scultura longobarda, l’ipogeo celtico traccia dell’epoca preromana, il Museo archeologico nazionale di Cividale con reperti del periodo longobardo e rari codici medievali e il Ponte del Diavolo per la splendida vista sul Natisone, per la leggenda legata alla sua realizzazione e per essere luogo d’esordio delle armi da fuoco in combattimento (1331).

Percorsi pochi chilometri, ci attende nella frazione di Spessa una delle più interessanti e dinamiche aziende vinicole friulane: Zorzettig. Nel recente Vinitaly, sono stato colpito da uno stile – comune a tutte le linee (Zorzetting, Selezione Myò, Riserva Segno di terra, Limited edition e Prodotti di territorio) – fatto di autenticità e legame al territorio.

Al Vinitaly avevo chiesto – convinto che la qualità di un’azienda si veda soprattutto nei prodotti base – di assaggiare due ‘classici’ dell’enologia friulana: Ribolla gialla e Friulano, entrambi da vitigni autoctoni ab antiquo (il vitigno Ribolla gialla sembra sia coltivato in Friuli fin dall’epoca romana). L’ottimo ricordo di entrambi – caratterizzati da equilibrio, finezza e freschezza – unito a quelli di uno splendido Refosco dal peduncolo rosso (altro vitigno autoctono) della linea Myò e di un eccezionale (per rotondità e persistenza nel retrogusto) Merlot della linea Segno di Terra mi hanno indotto ad approfondire la conoscenza della Cantina. Accompagnati dalla gentilissima proprietaria, si è svolto un pellegrinaggio tra una serie di etichette (tutte di notevole livello) con interessanti confronti tra vini ottenuti dallo stesso vitigno coltivato in terreni diversi.

Troppo lungo descrivere i singoli assaggi, ma alcuni sono rimasti nel nostro ricordo: Franconia, ottenuto da un vitigno di origine austriaca, nel quale morbidezza e armonia sono dovute anche a un moderato appassimento delle uve, Cunfins (Refosco e Pignolo, entrambi autoctoni) e Donzel (Friulano, Chardonnay e Sauvignon) e due vini della linea Myò per i quali abbiamo con soddisfazione constatato che il nostro entusiasmo coincideva con il giudizio  di autorevoli guide: per il Pinot bianco i 3 bicchieri Gambero Rosso e le 3 viti e mezzo della Guida Vitae dell’Ais e per il Friulano le 4 bottiglie dell’Espresso.

Fortunatamente, nonostante l’ottimo Montasio che accompagnava i vini, avevamo deciso di pernottare nella vicina Ipplis presso il Relais La Collina con splendida vista sulle Dolomiti friulane e piscina riparata dai vigneti. Nel borgo (che pare risalga al XII secolo) abbiamo scoperto che nella Rocca Bernarda (in realtà una meravigliosa dimora signorile in eccezionale posizione) vi è un’antichissima cantina – che una targa informa risalire alla seconda metà del XVI secolo – alla quale sembra si debba la sopravvivenza del Picolit, reimpiantato dall’allora proprietario alla fine dell’Ottocento.

Lasciata Ipplis attraverso il dolce e sereno paesaggio collinare del Collio punteggiato da piccoli borghi e vigneti, raggiungiamo a Scriò (Dolegna del Collio) la Tenuta La Ponca (il nome deriva da quello del tipico terreno del Collio), una piccola e giovane azienda creata nel 2004 dalla passione per la terra e la coltivazione della vite della famiglia Masson. Al Vinitaly mi avevano piacevolmente colpito la volontà e la capacità di far leggere nel bicchiere il territorio di provenienza di ogni vino, l’assenza di zuccheri residui e la grande pulizia aromatica. La filosofia aziendale è, infatti, la valorizzazione del terroir individuando e utilizzando al meglio le particolarità di ogni annata dei singoli vigneti in modo da ottenere vini che riflettano le caratteristiche del vigneto di provenienza. Logica quindi la scelta del biologico e conseguente l’utilizzo del principio dei ‘cru’: per ogni vino solo uve di uno stesso vigneto indicandone i caratteri geomorfologici e climatici.

Anche in questa cantina, come è tradizione del Collio, la prevalenza è dei vini bianchi: il Friulano per esempio si distingue per la forte personalità, per il ricco e affascinante bouquet di erbe e piante officinali e balsamiche e per morbidezza, sapidità e lunga persistenza nel palato. Tra gli altri vini degustati (peraltro tutti notevoli) sono rimasti nel ricordo due tipici del Friuli da me molto amati: la Malvasia al naso un concentrato di frutta esotica e al palato ricca di note minerali e di sentori che vanno dalla pesca alla salvia e lo Schioppettino, un rosso in genere di corpo leggero che per la sua versatilità amo consumare a tutto pasto. Quello degustato è di buon corpo, elegante, speziato in modo equilibrato, con una grande armonia al palato e al naso e note di frutti di bosco che si sposano con il ricco bouquet di piccoli frutti rossi: berlo è una gioia.

A Scriò, la pittoresca chiesetta di San Leonardo (risalente al XV secolo come testimonia l’incisione 1532 sul portale d’ingresso) ci delizia con i dipinti naif e popolareschi di “Jacun pitor”. Attraversando la frazione di Ruttars siamo attratti da un castello costruito sulla collina a guardia dello Judrio, fiume segnato dal destino di essere comunque un confine. Secolare e complessa storia di lotte quella del Castello di Trussio (citato per la prima volta nel 1257) che ora vigila l’Aquila d’oro, dove consumiamo – godendo di uno splendido panorama – ottimi piatti della cucina tipica friulana. Allontanandoci da Dolegna diamo un saluto al Castello pregandolo, ora che non ha più assalti da temere, di proteggere quei vigneti che donano così tanta gioia all’umanità.

Foto di copertina: Collio di Stefelix (si ringrazia per la concessione)