Un Van Gogh erudito ed interprete dei suoi tempi al Museo delle Culture di Milano

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Un ambizioso progetto espositivo a cura di Francesco Poli con Mariella Guerzoni e Aurora Canepari porta al Museo delle Culture di Milano le opere provenienti dal museo Kröller Müller di Otterlo

Non è la prima volta che le opere del museo olandese giungono in Italia e vengono ammirate in grandi mostre dedicate all’artista. Il museo ospita infatti una delle più ricche collezioni di opere di Van Gogh, grazie al lascito di Helene Kröller Müller, singolare figura di appassionata d’arte che per prima intuì il valore degli artisti a lei contemporanei e in particolare di Van Gogh, pittore che agli inizi del ‘900 era ancora misconosciuto.

Nei primi decenni del secolo Helene ne acquistò le opere e desiderò promuoverne la conoscenza portandole all’attenzione di un più vasto pubblico: le rese accessibili a tutti aprendo una galleria e finanziò esposizioni delle opere di van Gogh in Europa e negli Stati Uniti. Il consenso e la fama raggiunti dal pittore motivarono la costruzione di questo museo nella sua terra natale, i Paesi Bassi. Come afferma la direttrice del Kröller Müller, Lisette Pelsers, oggi Helene sarebbe felice di vedere il suo desiderio realizzato e il suo pittore preferito richiesto e celebrato in tutto il mondo.

Il curatore della mostra milanese, Francesco Poli, ci presenta Van Gogh sotto una angolatura che mette in luce, oltre alla sua spiritualità, la sua passione per la cultura, il suo carattere di attento osservatore e sperimentatore delle tendenze artistiche del suo tempo e di aggiornato conoscitore del dibattito culturale. Pertanto insieme agli schizzi e ai dipinti dell’artista troviamo in mostra le sue fonti culturali, documentate con opere di varia provenienza: biblioteca malatestiana di Cesena, museo Chiossone di Genova, galleria Tre archi di Torino, consolato del Giappone di Milano e privati.

La natura di avido lettore di Van Gogh trova precisi riferimenti nelle edizioni originali di libri e riviste d’arte raccolte grazie alla curatela di Mariella Guzzoni, mentre Aurora Canepari, conservatore del museo d’arte orientale Edoardo Chiossone di Genova, documenta con testi e stampe il fascino dell’arte giapponese, diffusa in Europa e soprattutto in Francia (il Giappone dal 1858, dopo secoli di isolamento, aveva infatti aperto i suoi porti al commercio e la sua cultura al mondo): Van Gogh ne fu particolarmente attratto, ammirava e collezionava stampe giapponesi, spesso riproducendole, e la sua pittura ne fu costantemente influenzata.

In visita alla mostra ripercorriamo la vita di Van Gogh (Groot Zundert 30/4/1853 – Auvers su Oise 29/7/1890), lo seguiamo nei suoi spostamenti dall’Olanda alla Francia e ne ammiriamo, in successione cronologica, le opere sempre affiancate dialetticamente da testimonianze storiche del suo milieu culturale. 

Le prime sezioni della mostra presentano le opere del “periodo olandese” del pittore, eseguite dopo la sua esperienza di predicatore evangelico in un povero villaggio minerario belga. Sono immagini crude, con tinte scure, disperate, che presentano i paesaggi naturali o la realtà umana sfruttata e dolente con cui Van Gogh interagisce e in cui si immedesima nel tentativo di riscattarla (“Le portatrici del fardello”, “Donna che cuce con gatto”, “Nidi”, “I mangiatori di patate”). Fonte di ispirazione è la pittura di Jean-Francois Millet, per merito del quale il sentimento religioso di Van Gogh sublima in aspirazione all’arte. Troviamo in mostra un originale del pittore francese e copie eseguite da Van Gogh (“L’Angelus della sera”, “Zappatori”).

Sono in mostra i libri cui il pittore si dedicò, testi religiosi e scritti di autori che affrontavano il tema delle disuguaglianze sociali (la Bibbia, La capanna dello zio Tom, Dickens, Zola). Delle sue letture scriveva al fratello Théo e gli confidava la sua passione per i libri, passione che lo accompagnerà per tutta la vita.

Van Gogh, che dall’infanzia aveva mostrato amore per il disegno, aveva pensato anche di diventare illustratore e collezionava settimanali illustrati. Troviamo in mostra una litografia fatta da lui del suo quadro “I mangiatori di patate” che testimonia la volontà di sperimentare sempre tecniche diverse.

Le successive sezioni della mostra sono dedicate al periodo parigino e segnano l’incontro di Van Gogh con l’arte neoimpressionista e con le suggestioni della cultura giapponese. L’artista si immerge nell’ambiente della capitale, assorbe i suoi molteplici stimoli culturali, viene a contatto con le varie tendenze pittoriche postimpressioniste e se ne lascia permeare. Si lega anche ad alcuni artisti, visita musei, la sua cultura onnivora si nutre di libri (letti in edizione originale perché il pittore conosceva tre lingue), manuali, riviste, stampe. La mostra ci rimanda puntuali echi di questo mondo.

Nei suoi quadri esplodono i colori, i nuovi soggetti sono gli ambienti di Parigi: il Moulin de la Galette, l’interno di un ristorante, esposti in confronto con opere contemporanee originali di Maximilien Luce e Paul Signac. Ma c’è anche un Autoritratto e la rappresentazione degli amati libri cui Van Gogh non smette di dedicarsi.

In mostra, oltre al dipinto “Natura morta con statuetta in gesso e libri”, corredato dalle edizioni originali, Bel ami di Guy de Maupassant e Germinie Lacerteux di Edmond e Jules de Goncourt c’è una ricca documentazione di stampe policrome, xilografie e testi giapponesi che dimostrano l’influsso esercitato da questa cultura sull’artista. In dialogo con Angolo di prato sono proposte stampe di Utagawa Hiroshige e vedute del monte Fuji di Hokusai.

Seguiamo Van Gogh nel suo spostamento nel sud della Francia. Questo periodo comprende le opere più felici del pittore che trasferisce sulle tele tutto lo splendore mediterraneo della Provenza e la personalità dei suoi abitanti dipingendo magnifici paesaggi, marine e ritratti. Sono in mostra “Salici al tramonto”, “Frutteto circondato da cipressi”, “Veduta di Saintes-Maries-de-la-mer”, “La vigna verde”. In particolare il ritratto di monsieur Ginoux è messo significativamente a confronto col ritratto giapponese di due attori del teatro kabuki.

La sezione conclusiva della mostra è dedicata al periodo del ricovero nell’ospedale di Saint Paul de Mausole. La sua libertà di movimento è limitata, Van Gogh dipinge per lo più ciò che vede dalla sua finestra o durante qualche uscita nelle campagne circostanti: sono tronchi di alberi, campagne con covoni, uliveti, pini, cipressi, dipinti sempre raffrontati con analoghi soggetti di stampe giapponesi (Hiroshighe, Hokusai) di cui denotano l’influsso ormai assimilato. Il pittore cerca sollievo nelle amate letture e chiede al fratello l’edizione delle opere di Shakespeare, puntualmente in mostra.

Van Gogh si congeda da noi con l’ultima opera del percorso espositivo, “Covone sotto un cielo nuvoloso”, dove la pesantezza del cielo è bucata dallo stormo di uccelli che si levano in volo in un anelito di libertà. 

Di compendio alla mostra, la suggestiva sala dedicata ad un archivio audiovisivo di schizzi, illustrazioni, dipinti e citazioni epistolari di Van Gogh e il bel catalogo edito da “24 ore cultura” disponibile al bookshop.

Annamaria Taddei

Info: www.mudec.it 

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