Biodiversità fluviale alpina e ritiro dei ghiacciai: vincitori e perdenti

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La biodiversità fluviale alpina è minacciata in tutto il mondo dal ritiro dei ghiacciai causato dal riscaldamento globale. La nostra capacità di prevedere la distribuzione futura di specie adattate al freddo o che prediligono l’ambiente glaciale è ora limitata. Un lavoro pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution realizzato da un team internazionale – tra cui il partner italiano MUSE – presenta un nuovo metodo per fare previsioni sul futuro della biodiversità nelle Alpi europee che identifica potenziali aree rifugio umide per le specie di invertebrati che ora vivono in acque fredde

Il metodo di ricerca messo a punto dal team di ricercatori utilizza i dati raccolti in 25 anni di studi sui torrenti alpini e combina modelli di estensione futura dei ghiacciai, influenza che i ghiacciai hanno sui torrenti che alimentano e nicchie ecologiche delle specie che popolano le acque d’alta quota. Le proiezioni sono state sviluppate per 15 specie di invertebrati di cui un verme piatto (Crenobia alpina) e 14 insetti (8 Ditteri Chironomidi, 2 Efemerotteri, 3 Plecotteri e 1 Tricottero) utilizzando dati relativi a 656 campioni biologici con una serie di caratteristiche ambientali ovvero influenza glaciale e fattori idrologici, idraulici e idrochimici. Le proiezioni della distribuzione di questi animali sono state sviluppate per tutti i sottobacini glaciali delle Alpi al di sopra dei 2000 m di quota, nei bacini del Po/Adige, Danubio, Reno e Rodano (area totale di 34.218 km2), a intervalli decennali (2020-2100), per “segmenti” fluviali di 10×10 m. I siti indagati dal MUSE sono distribuiti in 5 torrenti trentini, nel gruppo montuoso Adamello-Presanella (Conca, Niscli, Cornisello) e Ortles Cevedale (Noce Bianco e Careser) e in 2 torrenti lombardi, il Trobio e il Gleno nelle Alpi Orobie.

Il risultato è una previsione che parla di una costante diminuzione dell’influenza glaciale sui fiumi, con reticoli fluviali che si ampliano a quote più elevate a un tasso dell’1% per decennio. Secondo le stime, le specie analizzate subiranno spostamenti di distribuzione a monte, dove i ghiacciai persistono, e si estingueranno dove i ghiacciai scompaiono completamente. Diversi bacini alpini offriranno rifugi climatici per gli specialisti delle acque fredde (in particolare nel Bacino del Rodano) ma è significativo rilevare che le attuali reti di aree protette offrono una copertura relativamente scarsa di questi futuri rifugi. Una situazione che suggerisce un cambiamento importante nelle strategie di conservazione delle Alpi, per adattarsi agli effetti futuri del riscaldamento globale.

Secondo i nostri studi, nelle Alpi europee entro il 2100 la maggior parte delle specie subirà una riduzione dell’area di habitat per loro idoneo – spiega Valeria Lencioni, idrobiologa e coordinatrice Ambito Clima ed Ecologia del MUSEcon perdite consistenti in tutti i bacini fluviali per alcune specie (come i moscerini chironomidi Diamesa latitarsis, D. steinboecki e Diamesa bertrami, il plecottero Rhabdiopteryx alpina e l’efemerottero Rhithrogena nivata). Al contrario, le popolazioni delle specie che non prediligono le acque di fusione glaciale risponderanno positivamente (ad esempio, il verme piatto Crenobia alpina e l’efemerottero Rhithrogena loyolaea). Le nostre stime, quindi, individuano “vincitori” e “perdenti” in risposta al ritiro dei ghiacciai.

In particolare, a livello di sottobacino, si prevede che alla fine del secolo gli habitat idonei per tutte le specie oggetto del modello persisteranno in un sottoinsieme di località nelle quali alcune specie adattate al freddo potrebbero trovare rifugio, ma solo se saranno in grado di disperdersi e stabilire nei nuovi spazi delle popolazioni vitali. Le indicazioni che arrivano dalla genetica suggeriscono che la dispersione attuale è possibile per alcuni insetti alati come i plecotteri, ma è meno probabile per le specie con capacità di volo limitate come i chironomidi. Altre potenziali aree di rifugio potrebbero essere i fiumi che scaturiscono dai ghiacciai rocciosi e falde con permafrost, ma i dati su queste tipologie sono attualmente insufficienti per essere incorporati nei nostri modelli.

Conclusioni

Nel 2100, molte delle aree più idonee per gli invertebrati che vivono in acque fredde saranno al di fuori delle reti di aree protette esistenti e le preoccupazioni principali dei ricercatori per la loro conservazione derivano dal fatto che i luoghi in cui i ghiacciai persisteranno fino al 2100 potrebbero anche essere prioritari per le attività umane, come l’energia idroelettrica e lo sci. È quindi urgente un monitoraggio più intensivo della biodiversità fluviale alpina, in modo che si possa intraprendere una modellizzazione della distribuzione per una più ampia gamma di specie acquatiche e utilizzarla a sostegno delle decisioni di conservazione.

Info: https://www.nature.com/articles/s41559-023-02061-5.

Foto by Depositphotos.

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