Storie di me, di barche e di cani. Un bel libro di mare adatto a chi ama i cani

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Un nuovo libro adattissimo come lettura estiva, fresco di stampa! Come si può intuire dal titolo, Giorgio Capra, l’autore di questi racconti, è un romagnolo, grande appassionato di mare ed un esperto velista, nonchè amante degli animali e soprattutto dei cani.

Romagnolo di origine e bolognese d’adozione, per molti anni regatante su derive e cabinati, egli ha navigato quale skipper in molti mari: dall’Adriatico al Tirreno, dalla Croazia alla Grecia, dall’Atlantico ai Caraibi. Di facile e immediata lettura, la narrazione dei vari racconti risulta molto scorrevole, grazie ad una serie di storie vere e aneddoti divertenti, ironici e molto spassosi.

Ne scaturisce un racconto fluido, uno spaccato di vari episodi di vita e di vacanze vissute, nel quale ogni lettore può trovare situazioni ed esperienze reali, talvolta dai risvolti umoristici. Il libro inoltre, corredato da oltre 50 immagini di velisti, barche e cani, è un utile testo che non può mancare nello scaffale di un appassionato di mare e di vela nonché per chi possiede un cane o vorrebbe averlo.

Eccovi un breve stralcio tratto da uno dei primi capitoli:

“La mia formazione come velista crebbe assieme allo sviluppo del circolo velico che vedeva crescere il numero dei soci tutti i giorni, perché, pur essendo ancora molto acerbi di esperienza, la passione che ci pervadeva era veramente trascinante e coinvolgeva un gran numero di appassionati sia che possedessero già la barca o no. In questo caso ci adoperavamo per reperire sul mercato degli usati la barca giusta per il nuovo socio.

La voglia di misurarci ci spinse ad organizzare una regata, ma ci rendemmo subito conto di avere una flotta tra le più disassortite e non trovammo di meglio che ispirarci ad una regata che si disputava ad Anzio, dove venivano fatte regatare barche diverse prendendo come parametro di raggruppamento la sola lunghezza fuori tutto.

La nostra “Uno per classe” (così si chiamava la regata di Anzio), pur essendo molto più casalinga dell’originale, richiamò dai circoli delle località vicine un gran numero di imbarcazioni e diventò una classica regata del nostro club che ripetemmo per molti anni.

Il giorno della gara, emozionatissimi, ma certi di un buon piazzamento avendo una delle barche più veloci della nostra classe, la dotammo anche di cinghie puntapiedi che, per non spendere, vennero ricavate da vecchie corregge da tapparella fornite da mio cognato Paolo che, fra i due, era il più parsimonioso. Io avevo il ruolo di prodiere ed ero quello che doveva sporgersi di più fuori bordo per controbilanciare la pressione del vento sulle vele. Non disponendo di un battello giuria, per dare la partenza decidemmo per il metodo usato nella 24 ore di Le Mans e cioè barca in acqua tenuta prua a vento dai prodieri e i timonieri a terra tutti su un’unica linea di fronte alla propria barca, pronti a scattare di corsa e saltare a bordo al segnale di partenza che veniva dato dal fucile da caccia del padre di un socio, gran cacciatore.

Allo sparo, Paolo, scattò fra i primi e si catapultò letteralmente a bordo all’unisono con me che avevo già il fiocco gonfio, cosa che ci fece schizzare via eseguendo una partenza che lasciò sbalorditi la maggior parte dei nostri avversari. Le boe erano fatte con vecchie camere d’aria d’auto che reggevano un traliccio di legno a cui era fissata una bandiera rossa, confezionata amorevolmente dalle mogli dei soci. Pochissimi in zona sapevano cosa fosse una regata e le boe, così fatte, suscitavano la curiosità dei villeggianti in gita coi mosconi che invariabilmente le disormeggiavano per vedere che cosa c’era sotto, modificando invariabilmente il percorso di gara; allora fummo costretti a dotarle di un vistoso cartello che spiegava cosa fossero e con preghiera di non spostarle per nessun motivo.

Ci trovammo ben presto in testa favoriti anche dalla termica che aveva innescato un robusto Scirocco di un dozzina di nodi. Io incominciai a sporgermi in fuori con i piedi saldamente ancorati alle cinghie da tapparella e al rinfrescare del vento chiamai in aiuto anche mio cognato. Avevamo quasi raggiunto la prima boa, quando, in seguito ad ulteriore sporgersi di ambedue per raddrizzare la barca, le già esauste cinghie da tapparella cedettero di colpo, facendoci finire in acqua. Io rimasi attaccato alla scotta del fiocco e Paolo si ritrovò a nuotare con in mano solo la prolunga della barra del timone che, non avendo snodi come quelle moderne, si era troncata di netto all’altezza della vite di fissaggio. Recuperata la nostra barchetta rientrammo al circolo mogi mogi… Io per punizione costrinsi il mio timoniere a regalarle le più belle, solide e costose cinghie puntapiedi che riuscii a trovare in commercio.

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titolo

Storie di me, di barche e di cani

autore

Giorgio Capra

editore

Edi House

formato

cm 15 x 21

genere

Racconti

pagine

204

Pubblicato

luglio 2016

Prezzo

€ 14,00

ISBN

9788887302110