La cucina italiana è entrata a far parte del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco: un traguardo che conferma il ruolo centrale delle tradizioni gastronomiche italiane e apre nuove prospettive di valorizzazione culturale per territori, filiere e destinazioni
La cucina italiana è ufficialmente patrimonio culturale immateriale dell’umanità. La decisione, deliberata all’unanimità dal Comitato intergovernativo dell’UNESCO riunito a New Delhi, sancisce anche un primato assoluto: l’Italia è il primo Paese al mondo a vedere riconosciuta la propria cucina nella sua interezza e tradizione come bene culturale immateriale. Si tratta di un risultato che colloca il patrimonio gastronomico italiano in una posizione di rilevanza globale e apre una fase di nuove opportunità, soprattutto per il turismo.
Un linguaggio identitario e condiviso, che riflette la storia, il territorio e la dimensione comunitaria del vivere italiano: nelle motivazioni del Comitato, la cucina italiana è definita una “miscela culturale e sociale di tradizioni culinarie”, un modo per “prendersi cura di sé e degli altri, esprimere amore e riscoprire le proprie radici”, un patrimonio che si trasmette attraverso gesti, ricette e ritualità tramandati da generazioni.
Questa natura inclusiva è parte integrante del riconoscimento: l’UNESCO sottolinea che cucinare all’italiana “favorisce l’inclusione sociale, rafforza i legami, promuove il benessere e il senso di appartenenza”, oltre a rappresentare una pratica fondata sul rispetto degli ingredienti, sul valore del cibo condiviso e sulle ricette anti-spreco che caratterizzano la tradizione domestica e professionale. Numerose sono state le iniziative a sostegno della candidatura, tra le quali la campagna avviata lo scorso 18 novembre da FIPE, che ha coinvolto oltre 10.000 ristoranti in Italia e all’estero, proponendo piatti dedicati alla valorizzazione del patrimonio gastronomico nazionale e coinvolgendo direttamente i territori nella celebrazione di questa eccellenza.
“Questo riconoscimento testimonia come l’intero sistema economico-produttivo espressione della cucina italiana non sia solo un’attività economica, ma un condensato di valori, che identifica un modello culturale e stili di vita, capaci di coniugare qualità, biodiversità, stagionalità, testimonianza di una tradizione depositaria di valori culturali universali che unisce generazioni ed esperienze familiari, locali e globali” ha dichiarato Lino Enrico Stoppani, Presidente di FIPE-Confcommercio.
Una spinta che valorizza territori, tradizioni e filiere
L’iscrizione della cucina italiana alla Lista dei patrimoni immateriali contribuisce anche a consolidare un primato: l’Italia detiene ora il record mondiale di riconoscimenti UNESCO nel settore agroalimentare in proporzione al totale dei beni immateriali registrati.
Delle 21 tradizioni culturali italiane riconosciute, infatti, ben 9 riguardano l’universo agroalimentare. Oltre alla cucina italiana figurano: l’arte dei pizzaioli napoletani, la transumanza, la costruzione dei muretti a secco in agricoltura, la coltivazione ad alberello dello zibibbo di Pantelleria, la dieta mediterranea, la cava e cerca del tartufo, il sistema irriguo tradizionale e l’allevamento dei cavalli lipizzani.
Un patrimonio che testimonia una lunga continuità culturale e produttiva e racconta un’Italia rurale, contadina e artigianale che dialoga con l’economia contemporanea. Elementi che, per il turista internazionale, costituiscono spesso il valore distintivo nella scelta della destinazione: autenticità, storia, qualità e legame con il territorio.
Dalla tutela culturale allo sviluppo turistico
Il prestigioso riconoscimento potrebbe rappresentare un ottimo innesco per rafforzare l’immagine del Paese e favorire lo sviluppo di offerte integrate che uniscano turismo, cultura, enogastronomia e artigianalità. La sinergia tra territori, filiere produttive, ristorazione, scuole di cucina e imprese dell’accoglienza potrà generare nuove opportunità economiche, soprattutto se accompagnata da politiche di valorizzazione, formazione e promozione coordinate.
Secondo un’analisi di CST per Confesercenti, la nomina UNESCO potrebbe agire come un moltiplicatore di visibilità e attrattività, generando nei primi due anni un aumento stimato delle presenze straniere compreso tra il 6% e l’8%, pari a circa 18 milioni di presenze turistiche aggiuntive.
La ristorazione è già uno degli asset più rilevanti dell’offerta turistica nazionale. Solo nel 2024 i visitatori stranieri hanno speso 12,08 miliardi di euro in ristoranti, bar e pubblici esercizi, con un incremento del 7,5% sul 2023. Per il 2025 sono attesi 12,68 miliardi di euro, pari al +5%. A questi numeri si aggiungono i viaggi specificamente motivati dall’enogastronomia, che valgono 9 miliardi di euro di spesa diretta.
Il riconoscimento UNESCO intensificherà questa dinamica, rafforzando il legame tra cucina e territori e incoraggiando la scelta dell’Italia come destinazione in virtù della sua identità gastronomica. La maggiore visibilità internazionale potrà inoltre incidere su segmenti specifici come il turismo esperienziale, itinerante e culturale, dove la relazione fra prodotto locale e territorio rappresenta un elemento decisivo.
