Se non ci fosse stata la ferrovia a collegare Parigi alla Normandia, molto probabilmente la storia dell’arte – e non solo quella – sarebbe stata molto diversa. Così se vogliamo riscoprire i luoghi cari ai pittori Impressionisti, è bene ripartire proprio dal treno (quella linea impiantata negli anni 1843-47 fece conoscere ai parigini la Normandia e la sua costa, che divennero luoghi di vacanza) e all’influenza che questi paesaggi ebbero su Claude Monet il “padre degli Impressionisti”, che dipinse ben 12 volte la stazione per comprendere l’effetto della luce sulla sua struttura, studio minuzioso che poi fece anche per la cattedrale di Rouen. Anche oggi si può viaggiare in treno, ma è anche comodo noleggiare un’auto, che ci consente deviazioni in località suggestive. (Nella foto ‘Jardin à Sainte-Adresse’ dipinto di Claude Monet del 1867 conservato al Metropolitan Museum of Art di New York).
Si dice che Monet avesse scoperto Giverny, alle porte della Normandia, dal finestrino di un treno e se ne fosse innamorato al punto di trasferirsi qui, in un paesino di 300 anime. Ci arrivò che aveva 43 anni, nel 1883, e ci rimase per altrettanti anni (fino alla morte, 5 dicembre 1926, e qui è sepolto) in una bella e grande casa che oggi si può visitare, una casa che denota un’agiatezza borghese, con tutto ciò che occorreva per vivere bene ma senza orpelli. Ma non è quella che ci colpisce. E’ il giardino che non ci fa più andare via, con papaveri giganti e tulipani neri, rose che paiono sul punto di sfiorire, una selva di corolle addossate le une alle altre in un caos voluto, sapientemente orchestrato per invitare lo sguardo a scoprire sempre nuovi colori. E poi c’è il famoso laghetto con le ninfee, incorniciato da lillà rigogliosi, un laghetto non molto grande, attraversato da un ponticello giapponese, che dà la sensazione, per struttura e disposizione di piante, di essere al di fuori dallo spazio e dal tempo: insomma certamente la suggestione incide, ma sembra davvero di essere dentro a un dipinto di Claude Monet.
Gli Impressionisti, rivoluzionari a modo loro (Monet in testa, che da ragazzino con una caricatura guadagnava quanto un operaio in un giorno), stravolsero le rigide regole pittoriche della seconda metà dell’Ottocento, privilegiando la luce e il colore piuttosto che il disegno. Dipingevano paesaggi e cattedrali, ma anche mogli e amanti, serate all’Opera o al caffè. Figli della borghesia, la ritraevano, e l’avvento della ferrovia li condusse lungo la Senna, fino alla Normandia, affascinati dal suo cielo mutevole.
Se vogliamo seguire le loro orme (ma troveremo anche tante altre sorprese) andiamo a Rouen, dove si può visitare quello che fu uno degli atelier di Monet, di fronte alla magnifica Cattedrale che ritrasse verso la fine del 1890 in differenti ore e condizioni di luce in trenta tele, fino a far diventare le forme gotiche un’evanescente massa di colore. Anche Pissarro e Gauguin furono affascinati da Rouen e qui vi trovarono ispirazione per i loro capolavori. Rouen è una vera e propria città museo, con le sue case a graticcio, le stradine lastricate e le chiese gotiche. Soprannominata la “città dai 100 campanili”, come la definì Victor Hugo, fu teatro del martirio di Giovanna d’Arco, condannata e poi bruciata al rogo nel 1431 in Place du Vieux Marché. Qui in effetti c’è un mercato moderno e poco resta a ricordare il rogo della pulzella. Ma a lei è dedicata l’Eglise Sainte Jeanne d’Arc, progettata da Louis Arretche e consacrata nel 1979. Dal sacro al profano: proprio quasi di fronte al luogo del rogo sorge il ristorante La Couronne noto come il più antico di Francia, che risale al 1345. Gli ambienti sono suggestivi, il servizio eccellente e il cibo ottimo.
Dalla pittura alla letteratura: a Rouen è nato 200 anni fa Gustave Flaubert, il “padre” di madame Bovary (ricordato nel “Museo Flaubert et Histoire de la Médecine” nella casa dove nacque) e la sua regione lo celebra per tutto l’anno con un programma di mostre, spettacoli, conferenze, attività didattiche, visite guidate, itinerari teatralizzati, da Rouen dove è nato a Trouville, Deauville, Honfleur, negli scenari dei suoi romanzi e racconti. Da non perdere la mostra “Salammbô” dal 23 aprile al 19 settembre 2021 al Museo di Belle Arti di Rouen, organizzata in collaborazione con il Mucem di Marsiglia e l’Istituto Nazionale del Patrimonio Culturale di Tunisi. Particolarmente suggestive la visita guidata di Rouen sulle tracce di Flaubert insieme alla Passeggiata letteraria Flaubert, sulle orme di Madame Bovary attraverso il Pays del Caux.
Proseguendo verso Le Havre, sarebbe un peccato non fare una sosta a Fécamp, dove le scogliere a picco sul mare e la vita dei pescatori di merluzzi affascinarono gli Impressionisti. Oggi queste case lungo il porto e la cappella sulla scogliera con le barche votive (che esprimono un desiderio), l’ Abbazia della santissima Trinità, il palazzo dei duchi di Normandia e il Museo della pesca attirano moltissimi turisti. Nei pressi, è da visitare il Palais Bénédictine, edificio imponente, quasi un castello, dove ancora si produce un famoso liquore a basa di tante segretissime erbe. Nel 1863 Alexandre Le Grand, mercante di vino di Fécamp e grande collezionista d’arte, trovò la ricetta di un elisir piuttosto enigmatico di un certo dom Bernardo Vincelli, benedettino veneziano del Rinascimento, che soggiornò all’abbazia di Fécamp. Pazientemente ha decifrato la preziosa formula dove la mirra si combina con il ginepro e lo zafferano con la scorza di limone. Nella mostra “percorso delle essenze” possiamo oggi conoscere alcune delle 27 piante e spezie che compongono il liquore Bénédictine.
Si arriva poi a Le Havre, la città della giovinezza di Monet che qui dipinse nel 1872 Impressions, soleil levant, l’opera considerata “madre” dell’Impressionismo.
Le Havre è molto diversa dalle città antiche incontrare fino a ora: portuale e industriale (Patrimonio dell’Unesco nel 2005) ha subito pesanti bombardamenti durante l’ultima guerra, e ora per la sua architettura è diventata un simbolo dell’urbanistica del secolo scorso. Infatti l’architetto Auguste Perret fu incaricato di dare una nuova immagine alla città cercando di renderla più luminosa e moderna. Per capirne lo spirito bisogna vedere un appartamento-tipo (lo si può visitare da turisti), progettato negli anni ’50, allora con l’intento di dare agli abitanti un segno di rinascita, il simbolo di una vita nuova che si traduceva con una casa semplice ma con tutte le comodità. E’ un appartamento con all’interno pareti mobili per adattare gli spazi alla famiglia: è davvero un salto a ritroso nel tempo, arredato di tutto punto, con mobili, suppellettili, stoviglie, oggetti dell’ epoca, compresi i cappotti sull’attacapanni!
Ci sono tre importanti anniversari quest’anno a Le Havre-Etretat: – 60 anni fa, nel 1961 André Malraux inaugurava la prima Maison de la Culture in Francia all’interno del Musée des Beaux-Arts di Le Havre, che poi sarebbe diventato il MuMa. La città festeggia così il 60° anniversario di due istituzioni, il MuMa, la seconda collezione impressionista in Francia, e il Volcan costruito da Oscar Niemeyer. Mostre e spettacoli sono programmati in entrambi i luoghi per le celebrazioni:
– 70 anni fa, il 21 ottobre 1951 è stata posta la prima pietra della Chiesa di Saint-Joseph, luogo emblematico della ricostruzione di Le Havre dopo la guerra, vero e proprio faro della città, è considerato uno dei capolavori dell’architettura del XX secolo. Classificato come Patrimonio dell’Umanità, è l’edificio più visitato di Le Havre.
– 80 anni fa, nel novembre 1941, moriva Maurice Leblanc, padre di Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo. Il suo eroe rimane eterno e le sue avventure ispirano ancora oggi i cineasti. E a Étretat si può visitare la casa di Leblanc, il Clos Lupin (foto di Vincent Rustuel©), fra curiosità e scoperte legate allo scrittore e al suo personaggio letterario.
Lasciando Le Havre si ritorna nel passato lontano. Piccola, deliziosa e alla moda, la vicina Honfleur, dove la Senna si tuffa nel Canale della Manica, invita a perdersi nelle stradine medioevali con le case a graticcio, le chiese (particolare quella di Sainte Catherine, in legno) e i paesaggi… ovviamente ritratti dagli Impressionisti. Neanche un’ora d’auto e si è a Caen, suggestiva città medioevale con il castello, l’Abbaye aux Dames e l’ Abbaye aux Hommes dove è sepolto Guglielmo il Conquistatore. Qui la storia si intreccia con la pittura e il Museo delle Belle Arti è ospitato nel castello.
Si ritorna poi a Parigi per rientrare in Italia. Se non l’abbiamo fatta all’andata, facciamo un ultimo omaggio a Monet con una visita al Museo Marmottan Monet, a cui il figlio Michel lasciò gran parte delle opere del padre, e al Museo d’Orsay, che conserva altri 80 suoi dipinti. Infine, ricordiamo che al Museo dell’Orangerie ci sono le due grandiose sale ovali delle Ninfee, 8 tele alte quasi due metri, 100 metri lineari, realizzate apposta dal grande pittore.
Normandia in tavola
In Normandia pascolano tante belle mucche pezzate e questa è terra di formaggi: Camembert, Neufchâtel, Livarot e Pont- L’Évêque. E i formaggi sono anche (inaspettatamente) gustosi sughi per cozze e capesante.
In una regione ricca di mele il sidro è il re. Dalle mele nasce anche il Calvados, la famosa e pregiata acquavite.
L’aperitivo è il Pommeau fatto con 1/3 di Calvados e 2/3 di succo di mela. E i famosi frutti di mare? Ci sono, ci sono!
Famosa è Port-en-Bessin dove gustare ostriche, molluschi, crostacei, cozze, gamberoni, granchi rossi, capesante, tutto appena tolto dalle reti. E’ la patria delle coquilles St-Jacques, una particolare varietà di capesante, specialità di mare della Normandia. C’è anche il primo allevatore di ostriche bio di Francia: Alban Lenoir, che propone escursioni in battello alle isole Chausey, alla scoperta del suo lavoro. E per finire, lo zafferano normanno bio, prodotto al Domaine de Guaville, nell’Eure.
Info: it.normandie-tourisme.fr
In copertina: la foto Falaises-dEtretat © è di Vincent-Rustuel