Il Nepal, terra affascinante di forti contrasti tra spiritualità, tradizioni divine e natura

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Uniscono le mani come per pregare e, chinando la testa, mormorano “Namaste” (“onoro il divino che è in te”). E’ il modo con cui gli abitanti del Nepal salutano quando ricevono un ospite o quando incrociano i turisti. Questo aiuta a capire che fra i nepalesi l’elemento “divino” è alla base di ogni attività quotidiana. Con una storia ricca di tradizioni e spiritualità, il Nepal, nonostante le forti contraddizioni sociali, è fra paesi asiatici più belli, grazie al fascino e all’armonia dei colori di una natura incontaminata. L’anima del Nepal è soprattutto nei suoi templi: buddhisti e induisti.

Luoghi che catturano lo spirito, incantano e suscitano interrogativi. Lo stupa di Boudhanat (patrimonio Unesco) domina lo skyline della capitale Kathmandu dall’alto dei suoi 36 metri: l’immensa cupola, da cui si dipanano nastri di bandierine e su cui vegliano i grandi occhi di Buddha, sembra abbracciare la città. Un gigantesco Mandala capace di catturare l’attenzione anche dei visitatori più distratti. E poi c’è il culto per la Kumari,  una bambina considerata la “dea vivente” della religione induista.

La più famosa  vive a Kathmandu, ma nei palazzi sacri a Patan e a Bhaktapur abitano altre dee bambine.  Vederle costituisce un onore, essere ricevuti personalmente un miracolo. In Nepal la venerazione per la dea vivente risale al diciassettesimo secolo. La parola kumari deriva dal sanscrito e significa “vergine”. La dea resta adorata, servita e riverita all’interno del palazzo sacro fino all’arrivo delle mestruazioni. Ma basta una anche una sola ferita, per fare cadere la dea al rango di un semplice essere umano.  

Kathmandu, cuore pulsante del paese, è famosa dal punto di vista artistico nonostante le profonde ferite lasciate dal violento terremoto di cinque anni fa.

Nella storica Durbar Square, la piazza del palazzo, dove in passato venivano incoronati i re, il palazzo reale e diversi templi (tutti in fase di restauro dopo il sisma) dedicati a varie divinità fanno da corollario ad un intricato intreccio di vie che rappresentano la zona vecchia con mercati e negozi di spezie e artigianato locale. E qui che si vedono le forti differenze sociali, segnate dalla povertà, dal caos del flusso continuo e disordinato di persone e cose, di speranze e frustrazioni.  Poco lontano dalla capitale,  ma in quota, sorge invece la città di Dhulikhel, rinomata per i suoi panorami montani himalayani e per la sua piazza dove si ergono templi di vari stili architettonici. L’arrivo in Nepal di molti profughi del vicino Tibet ha contribuito alla costruzione  di monasteri intorno al tempio. E tanti altri in tutto il Nepal. Anche il complesso di Swayambhunath, o Tempio delle Scimmie, esercita un forte magnetismo nel visitatore: è una delle principali mete di pellegrinaggio del Nepal. In alcuni di questi templi il regista Bernardo Bertolucci ha girato  scene del film “Il piccolo Buddha”.

Ma il luogo che rimane nella memoria è Pashupatinath, l’area rituale in riva al fiume Bagmati dove da secoli avvengono le cremazioni dei defunti. Le pire ardono una accanto all’altra dopo una lunga preparazione della salma. Solo il crepitare del fuoco rompe il silenzio.

Un altro Nepal è quello di Pokhara, la città  da dove partono tutte le spedizioni per raggiungere l’Annapurna, vetta simbolo dell’Himalaya nepalese. La montagna più alta del mondo si può “conquistarla” dall’alto e non dal basso, arrivando dal cielo e non attraverso i faticosi sentieri di roccia su cui rischiano la vita gli alpinisti. Non è la stessa cosa, ma andare in Nepal senza poter contemplare da vicino la bellezza ammaliante di uno o più di questi giganti sarebbe come non avere fatto il viaggio.

Il Nepal racchiude nel suo piccolo territorio (la metà di quello dell’Italia) otto dei 14 “ottomila” della Terra, quelli che Reynold Messner ha conquistato uno alla volta senza l’ausilio del respiratore. L’Everest, con i suoi 8.848 metri, sorprende per le sue forme armoniche. Sembra una piramide bianca attorniata da tanti altri templi di ghiaccio che sfidano il tempo. Una visione maestosa. Volare sull’Everest con la Buddha Air (un nome, una garanzia) costa dai 150 ai 200 euro. Un viaggio in Nepal, paese dal cuore antico ancora alla ricerca della propria via per il futuro e delle soluzioni eque per sconfiggere una povertà endemica, non lascia indifferenti. Ci si arricchisce, però, di un senso di pace, trasmesso dalle immacolate  montagne e dalla austera religiosità dei suoi templi.