Il mondo di Goya in una grande mostra al Palazzo Reale di Milano

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La mostra “Goya. La ribellione della ragione” aperta al Palazzo reale di Milano sino al 3/3/2024 lci porta in Spagna facendo rivivere attraverso le opere dell’artista le profonde trasformazioni storiche, sociali, ideologiche avvenute tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800

L’ambasciatore spagnolo in Italia presentando la Mostra ha sottolineato la forza dell’apporto bilaterale nella sua realizzazione, dopo quelle del museo di Capodimonte (Gli Spagnoli a Napoli. Il rinascimento meridionale), della Galleria nazionale d’arte moderna a Roma (Picasso metamorfico) e quella su El Greco che attualmente condivide con Goya la sede di palazzo reale a Milano. La mostra sarà accompagnata da un ricco calendario di iniziative culturali: conferenze di approfondimento a cura dell’Istituto Cervantes e concerti dedicati a Luigi Boccherini, che condivise con il pittore la vita alla corte spagnola.

Il curatore della mostra Victor Nieto Alcaide riferisce di aver voluto una esposizione non tanto “antologica” quanto cronologica e capace di evidenziare l’evoluzione del pensiero dell’artista. Due sono i temi fondamentali della mostra, la lunga vita di Francisco Josè Goya y Lucientes (1746-1828), ricca di accadimenti importanti, e la reazione ad essi dell’artista. Goya è vissuto in un complesso periodo di transizione, dalla rivoluzione francese all’invasione napoleonica della Spagna, dal trionfo della ragione agli eccessi e alla barbarie della guerra, il secolo dei lumi finito sul patibolo della rivoluzione, un mondo di collusioni e sconvolgimenti anche di natura personale che l’artista ha saputo catturare e riversare nelle sue opere esprimendo in modo autentico i suoi stati d’animo. La sua pittura è spontanea e insieme razionale, l’espressività ne è la cifra caratteristica.

Le sette sezioni in cui si articola la mostra accompagnano l’evoluzione artistica del pittore, dalle prime opere accademiche, ispirate a modelli classici di bellezza, alla libertà espressiva che Goya conquista contemplando, alla luce della ragione, la situazione politica e sociale del suo tempo e guardando la realtà col senso critico proprio dell’illuminismo. Così il pittore ha denunciato le contraddizioni, le superstizioni, le sopraffazioni e i conflitti, soprattutto ha rivendicato la libertà di espressione per gli artisti e ha cercato anche di liberarsi dal vincolo economico della committenza.

Sono in mostra settanta opere provenienti dal Prado, dalla Reale accademia di belle arti San Fernando (che accolse il pittore nei suoi ranghi), da vari musei, fondazioni e collezioni private. Nella prima sezione possiamo ammirare tra l’altro l’Annibale vincitore, opera giovanile presentata in Italia ad un concorso all’Accademia di Parma. Poi i ritratti paludati dei sovrani spagnoli Carlo IV e Maria Luisa di Parma, alla cui corte Goya fu ammesso come “pittore del re” dopo essere stato accolto nella Reale accademia di Madrid. C’è anche un compiaciuto autoritratto in cui l’artista indossa un cappello adorno di candele che gli servivano per i ritocchi notturni ai suoi quadri.

Seguono deliziosi oli che narrano di giochi di bimbi, istantanee di giovani donne, attimi di quotidianità dipinti con colori brillanti di spensierata leggerezza. Sono per lo più bozzetti per i cartoni dell’arazzeria reale di Santa Barbara, lavoro che impegnerà Goya per un lungo periodo della sua vita. E ancora le acqueforti con scene di spettacolo di tauromachia (il volteggio audace del banderillero sul toro, un altro toro che solleva con orgoglio la testa adorna del torero incornato che gli ricade sugli occhi). Ma percepiamo anche lo sguardo critico e severo di Goya sulle scene cruente e di morte.

Fra le tele eseguite su commissione notiamo opere di soggetto religioso e ritratti di personaggi conosciuti a corte, politici ed esponenti della cultura illuminata alla quale il pittore si era aperto: intellettuali, artisti, filosofi, poeti, critici letterari divenuti amici del pittore, a contatto dei quali Goya matura la sua formazione. Notiamo tra l’altro il bozzetto di San Francesco Borgia che assiste un moribondo, in cui cominciano a comparire mostri fantastici accanto al letto dell’infermo, e un piccolo amorevole ritratto del nipotino Mariano, uno dei suoi ultimi lavori. Goya lavorerà con passione sino alla fine dei suoi giorni, dopo essere riparato in Francia per sottrarsi alla reazione antiliberale, perfezionando nuove tecniche, felice di poter continuare ad imparare.

Le vicende personali (una oscura malattia lo colpisce nel 1792 e lo lascia sordo), il crollo degli ideali dell’illuminismo, i rivolgimenti storici che colpiscono la Spagna tra il 1808 e il 1814 (l’instabilità politica, l’invasione napoleonica e la conseguente rivolta popolare che origina una guerra di indipendenza) determinano però una svolta nel percorso artistico di Goya. La gioia di vivere abbandona i suoi quadri e con essa il colore disteso e luminoso che si incupisce sempre più. Il pittore ironizza sugli usi, censura vizi, follie, superstizioni diffuse nella società del suo tempo rappresentandoli con spietata lucidità: Il manicomio, Processione di flagellanti, Scena di Inquisizione.

Goya denuncia gli orrori della guerra, condanna l’irrimediabilità delle stragi e, nella sua onestà intellettuale, sia la brutalità delle truppe napoleoniche che quella degli insorti spagnoli. Critica l’assassinio in quanto tale. Il tema della guerra è illustrato con Il colosso, olio su tela che rappresenta un gigante nero eretto a difesa su di una popolazione allo sbando e una serie di acqueforti con scene di stragi, fucilazioni, scontri armati presentate con le relative splendide lastre in rame. Goya infatti è anche uno squisito incisore e le sue matrici di recente restaurate sono in mostra a fronte delle stampe.

Alle incisioni è dedicata la sezione finale della mostra con la serie dei “capricci”, opere prodotte in proprio da Goya nel 1799 per dare libertà alla sua ispirazione senza vincoli di committenza, ma che poi deve ritirare dal mercato per l’opposizione dell’Accademia e dell’Inquisizione. Tra esse Il sonno della ragione genera mostri, un’opera che è ancora oggi un monito per l’umanità.

E mentre passiamo da una fantasia all’altra notiamo che l’allestimento della mostra accompagna il passaggio dalla luce all’ombra e dal bianco al nero nelle opere di Goya, passaggio ribadito dalle immagini proiettate sullo schermo angolare della sala multimediale che conclude il percorso.

Di compendio alla mostra, il catalogo edito da 24ORE Cultura che pubblica anche “Francisco Goya” di Stefano Zuffi e la graphic novel “Francesco Goya La tentazione dell’abisso” di Otto Gabos.

info: www.palazzorealemilano.it/mostre/la-ribellione-della-ragione

di Annamaria Taddei

 

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