Santa Fiora, la gemma dell’Amiata che stregò Della Robbia. Borgo di minatori e di tortelli

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Il borgo grossetano è un solitario scrigno d’arte che si staglia sul monte da cui si estraeva il mercurio e che oggi è un paradiso naturalistico. L’epopea degli Aldobrandeschi e degli Sforza ha lasciato splendide tracce. Cucina schietta d’osteria

Quanta poesia in quell’immagine. Santa Fiora che talvolta gioca a nascondino fra le nuvole, che si intravvede in un mimetismo onirico che la fa apparire come sospesa nel nulla, o al massimo appoggiata, ma in modo invisibile, sul fianco dell’Amiata. Gigante d’Appennino che è la culla, la “montagna madre”, la Ayers Rock che spunta sull’orizzonte della Maremma grossetana… La montagna, l’Amiata, che nei libri delle elementari ci dipingevano come il monte del mercurio, che in effetti qui è stato estratto fino a mezzo secolo fa, nelle viscere delle miniere.

Santa Fiora, pietra su pietra, è figlia di quella montagna. Ne ha ereditato il respiro e la bellezza. E anche quel colore grigio cinabro, spesso avvolto di mistero per effetto dei voluttuosi vapori “geotermici”. Poi l’arte ha completato l’opera, perché questo borgo nei secoli ha sedotto molte famiglie importanti che hanno fatto a gara per renderlo un’utopia realizzata. Gli Aldobrandeschi, addirittura gli Sforza… Famiglie potenti, ma anche illuminate, desiderose di far bella figura anche di fronte ai posteri. Si deve a loro se Santa Fiora tuttora conserva un fascino particolare, discreto, esibito quasi con ritrosia, ma per atavica timidezza.

Te ne accorgi anche quando varchi la soglia della Pieve delle Sante Flora e Lucilla si resta abbagliati da una moltitudine mai vista di opere di Andrea Della Robbia… Che sembrano state realizzate ieri visto che la prima tentazione forte, dopo aver riempito gli occhi, è quella di sfiorarle al tatto illudendosi di poterne percepire l’età. Nella lucentezza vitrea di quelle terrecotte policrome, che sono un concentrato di espressioni e di sguardi, ci si può specchiare. Capolavori del ‘400 che l’artista fiorentino (vissuto fino all’età di 90 anni) realizzò nel momento in cui si stava staccando dal laboratorio dello zio.

E’ uno dei “Borghi più belli d’Italia”, “Bandiera arancione” e Smart Village

Santa Fiora, 2500 anime, un tempo sede di contea, è oggi uno dei “Borghi più belli d’Italia” e dal 2015 si fregia pure del marchio di qualità “Bandiera arancione” del Touring Club Italiano, che certifica anche la qualità dei servizi e il rispetto di alcuni principi di sostenibilità ambientale. Le sue case e i suoi palazzi, fatti della grigia pietra dell’Amiata, agli inizi del secolo scorso hanno resistito a due terremoti.

Oggi sono fanno da scenario a un borgo incantato, ancora miracolosamente tenutosi fuori dai flussi del turismo di massa, seppur arrivi e presenza sono in aumento. “I primi sono triplicati, le seconde raddoppiate – dice il sindaco Federico Balocchi, ancora giovane e già al terzo mandato – Puntiamo su un turismo di buon profilo culturale Qui arrivano visitatori consapevoli del valore del borgo, attratti anche dalla bellezza del monte Amiata, ricco di percorsi escursionistici. Il territorio che ci circonda è straordinario e noi dobbiamo pensare a una crescita turistica sostenibile. Il Museo delle Miniere di Mercurio sta contribuendo a far conoscere la realtà storica di cui siamo figli”. Durante il periodo della pandemia Santa Fiora è stato il primo centro a proporsi come “Smart Village”. Con il passaparola arrivarono persone da tutto il mondo, desiderosi di lavorare a distanza in un borgo così bello e accogliente.

Roccaforte ghibellina citata da Dante, quanta bellezza nella Peschiera

Santa Fiora è stata citata anche da Dante nel VI Canto del Purgatorio: “e vedrai Santafior come si cura”. Il centro allora era noto per la sua appartenenza ghibellina. Quanta storia nel Medio Evo e nel periodo delle Signorie. Se c’è un “signore” di Santa Fiora da ricordare nel passato illustre di Santa Fiora sicuramente è Guido Sforza. Fui lui, nel XV secolo, ad arricchire la città con le opere di Andrea Della Robbia e a far costruire la Peschiera, un gioiello unico immerso nel verde di un parco che tutt’oggi risplende con le acque color smeraldo ai piedi del borgo, quasi a fungerne da raffinato specchio. Guido Sforza ospitò più volte a corte nientemeno che Papa Pio II Piccolomini, sposò la nipote del futuro Papa Paolo III e, sul piano militare, respinse l’attacco dei Borgia. Insomma, Santa Fiora gli deve molto.

Dopo il lungo periodo granducale toscano e dopo l’annessione all’Italia Santa Fiora e tutto l’Amiata conobbero un certo sviluppo grazie alle miniere di mercurio, la cui epopea durò circa un secolo, intrecciando storie che il museo in piazza ben racconta. L’estrazione del cinabro fu fonte di lavoro, di sacrifici, di ingegno e anche di scontri sindacali (quando l’età delle miniere era al tramonto e la chiusura fosse ormai all’orizzonte).

Sacro e profano rivivono in una selva di chiese e in ruvidi deschi

Santa Fiora, sacra Santa Fiora: quante chiese, quanti campanili e torri campanarie. E poi ancora: pievi, oratori, luoghi di preghiera… E’ ancora riconoscibile anche il ghetto ebraico, con i resti della Sinagoga. Scrigni d’arte, spesso solitari; custodi di un territorio “silenzioso”, avvolto dalla natura. Da boschi di querce e di castagni, quelli che regalano uno dei più prelibati frutti d’autunno in Toscana.

Già, la gastronomia, i vini, le pratiche artigianali nel produrre salumi e formaggi. Qui c’è una sapienza antica, che ritroviamo anche in tanti locali, osterie e trattorie. Anch’esse custodi di valori fermi nel tempo e di storie, come quella dell’Osteria “Il Barilotto”, in centro, dove l’eredità del patrimonio di tradizione culinaria di Pierangelo Croci (che l’aveva ereditata dalla mamma) è ora nelle mani del figlio adottivo Christian: la bontà rustica dei tortelli con il ragù alla Maremmana e dei “pici” con il cinghiale e il finocchietto è sempre la stessa. Perché a Santa Fiora guardare al futuro (e vivere bene il presente) significa aver conservato e aver dato valore a ciò che è stato donato dal passato… Con passione, da generazioni di santafioresi, fra le pietre del borgo silenzioso e sospeso fra le nuvole. Qui l’anima è allenata a certe emozioni e a certi valori da tramandare…