La Val di Non si svela come un universo sospeso, dove ogni elemento racconta una storia di legami profondi tra natura, cultura e memoria. Un viaggio narrato fra atmosfere intime e panorami che si rinnovano con il cambiare delle stagioni

Castel Belasi © Francesca Padovan
C’è una bellezza che si fa riconoscere solo a chi ha la pazienza di rallentare. Non esplode in faccia, non si impone con la retorica del “paradiso incontaminato”, ma si lascia avvicinare con grazia. La Val di Non, nel cuore più riservato del Trentino occidentale, è questo: un paesaggio che non grida ma racconta, sommessamente, il proprio patrimonio di natura, storia e tradizione. Scolpita tra le Dolomiti di Brenta e le Maddalene, attraversata dal fiume Noce e costellata da castelli, canyon e specchi d’acqua, è una valle in cui l’estate non è solo stagione: è un modo di vivere il tempo.
Già nell’Ottocento questo angolo alpino incantava i viaggiatori d’Europa, non ultimi l’imperatore Francesco Giuseppe e l’imperatrice Sissi, che trovavano qui una fuga elegante alla rigidità della corte. Ancora oggi, camminando tra i meleti e i masi secolari, si avverte quella stessa quiete aristocratica, come se ogni elemento del paesaggio fosse stato composto con la precisione di un haiku.
Castelli, manieri e racconti in pietra

Castel Valer © Massimo Ripani
Le architetture della Val di Non non si impongono, ma vegliano. Castel Thun, tra vigne e declivi, domina il paesaggio da una collina come un vecchio saggio che conosce tutte le storie. Le sue stanze conservano affreschi, arredi e atmosfere intatte, come se il tempo avesse solo sfiorato le pareti. Poco distante, Castel Belasi intreccia Medioevo e arte contemporanea, in una felice contaminazione di epoche e visioni.
Castel Valer, con la sua inconfondibile torre ottagonale, è una dimora vissuta: appartenuto per ventisei generazioni alla stessa famiglia, custodisce una delle cappelle affrescate più straordinarie della regione, opera dei Baschenis. Ogni visita diventa un romanzo di voci nobiliari, servitori, artisti e contadini. Castel Nanno, più intimo, organizza picnic nei giardini interni, quasi a voler accorciare la distanza tra storia e quotidiano.
In Val di Non, i castelli non sono sfondo, ma protagonisti: ospitano eventi, mostre, visite animate, e diventano parte del paesaggio mentale del viaggiatore che cerca più di una cartolina.
Laghi come soglie, sentieri come pagine

Lago di Tovel © Apt Val di Non
Il Lago di Tovel è molto più di una destinazione: è un’apparizione. A 1.178 metri di altitudine, circondato da boschi scuri e cime bianche, il lago accoglie l’estate con la trasparenza delle sue acque, che oscillano tra il verde e l’azzurro come fossero stese a decantare luce. Un tempo si tingeva di rosso, per via di una particolare alga, ma anche oggi resta una meraviglia viva, percorribile lungo un anello dolce adatto a ogni passo, persino ai passeggini. A Tovel si cammina piano, e non per fatica, ma per rispetto.
Più a sud, i laghetti di Coredo e Tavon invitano alla contemplazione domestica: si raggiungono con una breve passeggiata, tra filari e abeti, lungo un viale dal nome già evocativo – il “Viale dei Sogni” – e sembrano messi lì per chi ha bisogno di sedersi e ascoltare l’acqua. Altri specchi d’acqua, come il Lago di Tret o i piccoli laghi di Ruffrè, si rivelano agli escursionisti che sanno allontanarsi dalle rotte più battute. Qui si può sostare senza fretta, stesi sull’erba, mentre i bambini giocano tra le rane e il profumo di resina si mescola a quello della terra umida.

Canyon Rio Sas © Apt Val di Non
E poi ci sono le acque che non si fermano: i canyon. Tra tutti, il Rio Sass è un viaggio verticale nel cuore della roccia. Guidati da esperti locali, si scende dentro una gola profonda e fresca, tra scalette, passerelle sospese e pareti che raccontano ere geologiche. Chi preferisce esplorare in autonomia può scegliere il Parco Fluviale Novella: qui le passerelle si sviluppano tra meleti, boschi e forre, e l’acqua diventa sentiero per chi si avventura in kayak, osservando il mondo dal basso, come farebbe un animale d’acqua.
Camminare tra arte e radici

Parco Arte Pineta Cavareno
In Val di Non l’estate è un invito a camminare piano, fermarsi spesso, ascoltare le sfumature. La valle è generosa, ma discreta, accogliente, ma non commerciale. Dalla quiete dei laghi alle vibrazioni dei canyon, dalla freschezza dell’aria alla profondità delle radici storiche, tutto sembra congiurare per offrire un’esperienza di autenticità.
La montagna qui non è mai ostile. I sentieri si adattano al ritmo di chi li percorre. Famiglie, escursionisti, ciclisti: ognuno trova il proprio passo, la propria misura. Predaia Arte Natura, sopra Coredo, è un esempio di come arte e paesaggio possano convivere con grazia. Lungo un facile percorso ad anello, tra larici e abeti, si incontrano opere installative che dialogano con la vegetazione, in un silenzio pieno di senso.

San Romedio © Apt Val di Non
Il suggestivo Santuario di San Romedio, un eremo scavato nella roccia visitato ogni anno da più di 200.000 pellegrini, raggiungibile attraverso un emozionante sentiero. È legato alla figura di Romedio, santo ed eremita che riuscì ad addomesticare un orso
Nel bosco di Cavareno, il Parco Arte Pineta offre un’altra esperienza contemplativa: sculture realizzate con materiali di recupero raccontano una relazione possibile tra creatività e sostenibilità. E poi c’è lui, il Radicosauro: una creatura immaginifica fatta di legno, nata dalle mani di Marco Martalar e posizionata sulle rive del Lago di Santa Giustina, che a tratti lo sommergono. Anche qui, l’arte non invade ma si adagia.
La dolce regina dell’altopiano

© S. G.
Se c’è un simbolo che racconta la Val di Non con immediatezza, è la mela. Oltre 6.500 ettari di meleti disegnano la valle con geometrie dolci e puntuali. Ogni estate, mentre i frutti crescono e maturano, l’aria si riempie di un profumo sottile che si insinua nei borghi, nei cortili, nei mercati. La varietà Renetta Canada, in particolare, è la più celebre e antica: profumata, compatta, dalla polpa acidula e fine.
Ma la mela non è solo prodotto agricolo: è cultura, è paesaggio, è racconto. La festa del raccolto – Pomaria – che ogni autunno trasforma i borghi come Denno in luoghi di memoria e degustazione, è solo l’espressione finale di un processo che dura mesi. Nei masi, negli agriturismi, nei piccoli forni di paese, la mela si ritrova sotto forma di succo, confettura, strudel, o semplice frutto da cogliere a mano. Sempre presente, mai banale.
Immagine di apertura: © Apt Val di Non