Una fucina di idee a Vinitaly, un salone aperto al futuro

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Nel nostro Paese, che ha nel proprio Dna la capacità di creare prodotti desiderati ovunque, l’export – e quindi anche quello del vino – è fondamentale per l’economia

Era il 6 aprile e osservando la folla che attendeva di entrare a Vinitaly 2025 ci si chiedeva se i dazi annunciati da Trump avrebbero turbato la manifestazione. La pseudo politica economica del presidente statunitense aveva, infatti, da mesi agitato l’economia mondiale con un balletto di annunci di dazi usati per scompaginare e distruggere equilibri, regole e accordi che avevano garantito – certamente con imperfezioni, difetti e squilibri – i rapporti economici a livello globale.

Wine Paris, ProWein e Vinitaly

Si è immediatamente percepito che il Salone non sarebbe stato condizionato dalla ‘paura dei dazi’ non solo per la rilevante presenza di operatori internazionali (nelle frasi che si coglievano al volo l’inglese era quasi prevalente), ma soprattutto per la vivacità delle contrattazioni che non sfuggivano a un occhio attento e per la generale soddisfazione che si percepiva tra gli espositori. I dati finali testimoniano un’ottima edizione: circa 4.000 aziende espositrici e 97.000 presenze di operatori di cui il 33% estere (32.000 con +7% rispetto al 2024). Oltre 130 le nazioni di provenienza con significativi incrementi di alcuni dei principali destinatari del nostro export: +5% USA (i dazi minacciati hanno forse spinto gli importatori a ‘fare scorte’) e Germania, +30% Inghilterra e Francia, +20% Belgio e Olanda e +10% Svizzera e Giappone. In controtendenza gli arrivi dalla Cina: -20%: sarebbe interessante capire se il fenomeno sia dovuto alla geopolitica o a problematiche relative all’Italia e ai suoi vini.

Premesso che i tre Saloni europei non sembrano aver risentito dei dazi minacciati, la perdita di appeal del salone di Düsseldorf è la conferma di una flessione iniziata nelle ultime edizioni e resa evidente quest’anno dalla notevole diminuzione degli espositori: gli Italiani sono stati circa 800 invece dei quasi 1400 del 2024. A Wine Paris, invece, l’Italia ha confermato di essere il primo Paese dopo i padroni di casa per numero di espositori (circa 1000) che hanno occupato l’intero padiglione 6 (oltre a presenze nel 5) del quartiere di ‘Porte de Versailles’. Simile l’andamento dei visitatori professionali: ProWein ne ha dichiarati 42.000 (di cui quasi la metà tedeschi) contro i 52000 di Wine Paris (41000 nel 2024) di cui il 45% non francesi e i 97.000 di Vinitaly. Numeri che indicano come anche sul piano espositivo la leadership mondiale sia tra Francia e Italia.

Enoturismo in crescita

Con Vinitaly Tourism l’enoturismo entra ufficialmente nella più prestigiosa vetrina internazionale del vino e porta alla ribalta molte bellezze (spesso vere ‘chicche’) italiane ignorate perché al di fuori dei canali usuali. L’enoturismo è, infatti, un’esperienza a 360 gradi, sintesi della cultura enoica e di quelle dell’arte in tutte le sue sfaccettature, delle diverse tradizioni regionali frutto della complessa storia del nostro Paese e di una gastronomia eccellente sia se deriva da quella dei nobili o da quella ricca di fantasia dei poveri. Degustare tra le botti dal fascino antico o cenare in un vigneto sono esperienze con emozioni indimenticabili e da provare almeno una volta. Vinitaly Tourism ha debuttato il 9 Aprile con 186 incontri b2b finalizzati a promuovere esperienze nelle cantine italiane, 64 cantine (da 15 regioni), 16 buyer (da Germania, Italia, Spagna e Usa) e una selezione di tour operator, oltre a una sezione congressuale e panel il cui coordinamento scientifico è stato affidato a Roberta Garibaldi (nota esperta di turismo e docente dell’università di Bergamo).

Visitare una cantina, parlare con i produttori e i tecnici, sentirne la passione e conoscerne rischi e sacrifici significa anche sfatare molti luoghi comuni e pregiudizi sul vino e capire che certe campagne denigratorie vanno ignorate perché dannose al nostro benessere fisico e mentale.

Vinitaly 2025 una fucina di idee

Motivo della perdurante leadership anche internazionale di Vinitaly è la capacità di essere non solo fonte di business, ma anche di individuare i trend in divenire nella società e di essere luogo di proposte con cui il mondo del vino può rispondere alle mutevoli dinamiche del mercato. In tale ottica, Vinitaly 2025 è stato una fucina di idee sia per i momenti di formazione e informazione, sia per le aree tematiche che hanno dato visibilità a quei produttori (spesso giovani) i quali propongono strade oggi innovative ma che potrebbero rivelarsi importanti per il futuro del nostro vino.

Micromegawines ha presentato vini ottenuti da vitigni autoctoni legati a un territorio specifico. Le diverse masterclass in cui sono stati illustrati vitigno, territorio e vino sono state affidate a Ian D’Agata, uno dei massimi esperti di vini italiani, che ha messo in luce la qualità e le caratteristiche di questi vini unici e irripetibili altrove.

Interessante Raw Wine, evento in cui è stato possibile scoprire vini naturali, biologici e biodinamici, frutto di una selezione di oltre 100 produttori provenienti da tutto il mondo (50 italiani) e garantiti dalla “Carta di qualità Raw Wine” che ne testimonia sostenibilità, qualità e gusto. Raw Wine è la più grande rete al mondo di questi vini, rete fondata nel 2012 dalla francese Isabelle Legeron, prima Master of Wine.

Debuttante Amphora Revolution, area dedicata a una novità antica. L’iniziativa realizzata in partnership da Vinitaly e Merano Wine Festival è stata preceduta nel giugno 2024 alle Gallerie Mercatali di Verona da un evento ispirato a una ‘scoperta’ effettuata da Helmuth Köcher (il patron del MWF) nella sua più che decennale collaborazione con l’Associazione dei vini della Georgia: le particolarità dei vini vinificati dalla fermentazione all’affinamento in anfore o giare in terracotta o altro materiale simile. Si tratta di una tecnica antichissima (utilizzata in Caucaso già 6000 anni fa, poi nei Paesi mediterranei) che consente ossigenazione, isolamento termico e conservazione dei sentori varietali in modo ottimale. Inoltre le anfore in condizione di isolamento termico mantengono costante la temperatura del vino che invecchia senza perdere vivacità. Altro vantaggio è la possibilità di limitare gli interventi quali l’aggiunta di solfiti. Questa rilettura del passato alla luce delle conoscenze attuali può rappresentare – per citare parole di Helmuth Köcher – una “importante svolta per l’intera viticultura nazionale… sfidando concretamente il cambiamento climatico”.

Un nuovo mercato

Debutto anche per i vini dealcolati nelle loro diverse tipologie: i No Alcohol devono avere 0% alcol, i Low Alcohol prevedono una gradazione alcolica che non superi lo 0,5% e tendono a conservare in parte le caratteristiche organolettiche dei vini originari (con sapori meno intensi) e i parzialmente dealcolati con alcol tra 0,5 e 8,5%. Di vini a basso tenore alcolico se ne parla da anni, ma non erano accettati dal mondo vinicolo. I tempi e i costumi (anche alimentari) mutano e l’Unione Europea nel 2021 li ha sbloccati: l’Italia ha recepito la normativa (con alcune modifiche come il divieto di dealcolare i Dop, Igt e Docg per difendere i nostri vini bandiera) con il Decreto Ministeriale del 20 dicembre 2024.

Spinto da scelte tra ideologia e moda, il mercato dei deacolati è in rapido sviluppo: nel mondo 2,4 miliardi di dollari – dato 2024 – con la previsione di raggiungere i 3,3 nel 2028. Un mercato che dovrebbe riferirsi a un pubblico diverso e che – se non è condizionato da preconcette campagne contro il vino – potrebbe evolversi in modo favorevole per le nostre aziende, anche per il comparto vinicolo.

Dai convegni realizzati da Unione Italiana Vini e Vinitaly è emerso che in Italia è ancora un mercato molto limitato (la percentuale di crescita del 60% prevista per il 2025 è dovuta a un valore di riferimento molto basso: 55 milioni di euro nel 2024) anche se tra i produttori aleggiava una certa euforia non priva peraltro di alcune preoccupazioni poiché anche in questo caso al DM del dicembre 2024 non era ancora seguita la soluzione di problematiche fondamentali per il decollo operativo. La pressione psicologica di UIV e Vinitaly ha comunque influito su una più tempestiva soluzione di alcuni problemi segnalati dalle aziende e sull’avvio della normativa fiscale (fondamentale per produrre con tranquillità) con il decreto legge fiscale del 12 giugno u.s. che rende possibile l’emanazione nel 2025 del fondamentale decreto interministeriale (Economia e Agricoltura) su tale tema.

L’autorizzazione a produrre i dealcolati permette di superare l’anomalia di poterli commercializzare ma non produrre per cui le nostre aziende dovevano farlo all’estero, probabilmente con impianti costruiti in Italia. L’area dei dealcolati in questa edizione stata inserita in Vinitaly Mixology, dedicato al mondo dei cocktail, con spazi espositivi (35 i produttori presenti, circa il doppio del 2024, tra cui molte aziende leader mondiali quali Nonino e Campari), masterclass e il Cocktail Bar Mixology in cui sperimentare dal vivo l’arte di miscelare le bevande alcoliche, compresi i vini, arte sempre più apprezzata dal mondo horeca e dai consumatori in cerca di qualità e nuovi sapori. Ambito ideale anche per 0 Alcohol Cocktail Bar in cui realizzare miscelati ‘alcohol free’ con i vini NoLo di otto aziende espositrici.

Vinitaly 2025 nel confronto con i suoi competitor Wine Paris e Pro Wein si è confermato il Salone più aperto al futuro grazie alla capacità di essere “crocevia di tendenze che” Vinitaly “per vocazione intercetta, monitora e analizza” (citando il presidente di VeronaFiere). Caratteristica che certamente gli permetterà di essere efficace supporto ai produttori italiani in questo difficile ma stimolante momento in cui i dazi e l’imprevedibilità trumpiana creano non solo problemi sul principale mercato del nostro export, ma incognite e incertezze per le ripercussioni che potranno avere sulle economie e il tenore di vita di molti Paesi clienti o possibili clienti dei nostri vini. L’augurio è di vedere in Vinitaly 2026 almeno l’effervescenza e l’ottimismo che hanno caratterizzato Vinitaly 2025.