Due mostre per scoprire Andy Warhol, a Bologna e a Roma

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Andy Warhol, Marylin 1967

Andy Warhol, “Marylin”, 1967. ©The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc

In occasione del novantesimo anniversario della nascita di Andy Warhol sarà possibile, nei prossimi mesi, scoprire di più sul rivoluzionario artista, grazie a due mostre di ampia portata: il 29 settembre è stata inaugurata, al Palazzo Albergati di Bologna, “Warhol&Friends. New York negli anni ‘80”, che andrà avanti fino al 24 febbraio; a seguire, il 3 ottobre, è partita anche la mostra “Andy Warhol”, nell’Ala Brasini del complesso del Vittoriano di Roma, si chiuderà il 3 febbraio. Mentre la mostra romana focalizza l’attenzione interamente su Andy Warhol (dal 1962 al 1987), quella di Palazzo Albergati racconta anche la realtà artistica della vivacissima New York degli anni ’80; tra storie di eccessi, trasgressione e mondanità, sono in scena infatti anche, Jean-Michel Basquiat, Francesco Clemente, Keith Haring, Julian Schnabel e Jeff Koons.

Andy Warhol, scopriamo l’artista

Andy Warhol - Campbell's Soup, 1969, serigrafia su carta

Andy Warhol, “Campbell’s Soup”, 1969, ©The Andy Warhol Foundation Visual Arts Inc

L’artista americano arrivò al successo nel 1962, quando il “Time” pubblicò le 32 serigrafie Campbell’s Soup”, minestre in scatola che passarono così dagli scaffali dei supermercati all’Olimpo dell’Arte. Rappresentando un prodotto di consumo quotidiano ripetuto con poche e minime variazioni, Warhol introdusse nel mondo artistico il concetto di riproduzione seriale, mandando in crisi l’opera d’arte come unicum e superando così un concetto filosofico che durava fin dal Medioevo. Fu una vera e propria rivoluzione: dopo Picasso e Duchamp, Warhol azzerò il calendario dell’arte, decretando così l’inizio del contemporaneo. Alle minestre seguì la Coca-Cola: all’artista interessano quegli oggetti che abbattono il divario tra ricchi e poveri; perché una Coca-Cola se la può permettere chiunque, e per quanto sia vasto il potere d’acquisto di un milionario, la sua Coca-Cola non sarà più buona di quella di chiunque altro.

"Andy Warhol" al Vittoriano di Roma

Una sala della mostra al Vittoriano

Warhol raggiunse ben presto la fama e divenne il centro catalizzatore della cultura newyorkese. Ciò gli permise di frequentare i personaggi più in voga del momento, che trasformò con la sua arte in vere e proprie icone, esattamente come faceva con i prodotti-simbolo del consumismo. Dal suo studio passarono star di Hollywood quali Liza Minelli, Liz Taylor, Greta Garbo e Sylvester Stallone, artisti come Bob Dylan, John Lennon, Mick Jagger, Salvador Dalì, personaggi del calibro di Valentino, Armani, Gianni Agnelli, Caroline di Monaco e ancora molti altri, i cui ritratti sono esposti per la maggior parte al Vittoriano. Ritratti che, come vuole Warhol, devono rendere riconoscibile la persona solo attraverso minimi dettagli e omettere i difetti. A questi pochi dettagli l’artista sovrappone forti campiture di colore: sono le differenze cromatiche a differenziare i suoi soggetti, altrimenti sempre identici nella forma e nella posa, per ottenere quella fissità artefatta e innaturale che egli ricerca nel cinema, negli Screen Test, nella fotografia; la meta da raggiungere è l’immagine ripetuta e seriale.

Oliviero Toscani, "Andy Warhol per Polaroid", 1975

Oliviero Toscani, “Andy Warhol per Polaroid”, 1975

Dopo essere stato vittima, nel 1968, di un terribile attentato, negli anni ’70 dipinse incessantemente sulla base delle polaroid scattate dai tanti personaggi che continuarono a popolare il suo studio. Polaroid che, puntando su libertà espressiva e rapidità di esecuzione, costituiscono opere artistiche di per sé; molte di esse sono in mostra a Bologna, nella sezione a loro dedicata.

L’inizio degli anni ’80 incoronò Warhol come il più prolifico e noto artista vivente: nel corso di questo decennio, che lo celebrò come uno dei più grandi rivoluzionari del linguaggio artistico e culturale di tutti i tempi, realizzò alcuni tra i suoi cicli più interessanti e presenti in mostra a Bologna: Shoes, Hammer & Sickle, Camouflage, Lenin, Joseph Beuys, Vesuvius, Knives. Tra pubblicità, commercio, beni di consumo, il nuovo Andy guardava ancor di più al modo della comunicazione e dei media, avvicinandosi così alla nuova generazione di giovani artisti degli anni ’80, che in lui hanno visto un anticipatore e un guru.

Una sala di Palazzo Albergati durante l’inaugurazione

Nel pieno della fama e della popolarità, il 22 febbraio del 1987 Warhol muore sotto i ferri di una banalissima operazione alla cistifellea, lasciando il mondo orfano di un personaggio che, come pochi altri, ha cambiato il corso della storia. Un artista che diceva di non volersi occupare di politica, ma che condizionava le masse; che sosteneva di non ricercare alcun messaggio impegnato nelle sue opere, ma che intercettava la concezione moderna del pensiero. Un artista i cui 15 minuti di celebrità non sono ancora cessati.

“Warhol&Friends. New York negli anni ‘80”

La mostra di Bologna racconta, oltre a Warhol, anche la New York degli anni ’80: un periodo ricco di avvenimenti e novità, sia in campo politico-economico che in campo artistico. Letti troppo spesso come il decennio del disincanto e della superficialità, ebbero in realtà un loro modo di fare politica, attraverso un’esplosione di colori e figure in cui l’arte non è solo esperienza visiva. Fu un decennio di fermento irripetibile che ha visto combinarsi arte, musica, cinema e letteratura – nel momento in cui gallerie e mercato internazionale decretarono il clamoroso successo del ritorno alla pittura.

Numerosi i temi affrontati dalla mostra: c’è la Street Art, tendenza artistica nata negli anni ’70 ma esplosa nel decennio successivo, i cui protagonisti e sono ragazzi che fanno delle bombolette spray vere e proprie estensioni del loro corpo; si firmano con pseudonimi o sigle misteriose, disegnano bambini radioattivi, volti di extraterrestri, scritte e tag sui vagoni della metropolitana. Nel 1980 il collettivo indipendente CoLab – Collaborative Projects, Inc. chiamò a raccolta i protagonisti di questa nuova ondata rivoluzionaria, giovane e trasgressiva, per una mostra destinata a segnare un’epoca: The Times Square Show esponeva quadri e disegni, ma anche carte da parati, t-shirt, video, graffiti stampati e performance realizzati, tra gli altri, da Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, Kenny Scharf, Donald Baechler e James Brown; un’arte solo apparentemente ludica, che però non disdegnava l’impegno politico e sociale.

In quegli anni si sviluppò anche la New Wave, cultura artistica alternativa che si affermò nel 1981 con un’altra storica mostra: New York/New Wave, manifesto di questa cultura, spaziava dalla pittura alla fotografia, dalla musica alla moda, dal cinema alla performance, per un totale di 119 artisti; tra essi Basquiat, Nan Goldin, Robert Mapplethorpe, Maripol, Edo Bertoglio, David Byrne.

Andy Warhol, Sandro Chia, 1980

Andy Warhol, “Sandro Chia”, 1980, ©The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc.

Un’altra sezione della mostra è dedicata alla pittura postmoderna: artisti che ripresero tele e pennelli in un ritorno al piacere della manualità che arrivò dopo due decenni di concettualizzazione e smaterializzazione dell’arte, un atto – non solo americano ma internazionale – visto da alcuni come anacronistico, ma che per gli appassionati rappresentava il nuovo benessere economico dell’occidente; è infatti sulle pareti dei nuovi, ricchi loft che fanno mostra di sé i giganteschi quadri colorati della pittura postmoderna. Julian Schnabel, David Salle e Robert Longo, le tre star della pittura degli anni ’80, dipingono tele monumentali e conquistano il mercato. Tra le varie correnti postmoderne c’è l’italiana Transavanguardia, i cui principali rappresentanti – Sandro Chia e Francesco Clemente – vissero e collaborarono con artisti newyorkesi.

La pittura concettuale, che si sviluppò in opposizione al Neo-Espressionismo, è messa in campo dagli artisti della Neo-Geo, per la prima volta in mostra nel 1986 grazie all’artista Meier Veisman: astrazione geometrica, minimalismo e appropriazionismo sono quanto caratterizza le opere di Veisman, Peter Halley e Jeff Koons, così come quelle di Haim Steinbach, Allan Mc Collum e Richard Prince, che emergevano all’International With Monument e a Soho.

Andy Warhol, Shoes 1980

Andy Warhol, “Shoes”, 1980, ©The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc.

Non solo uomini in mostra: all’inizio degli anni ’80 sorge il cosiddetto “femminismo postmoderno”, una nuova generazione di artiste che lavora sulla comunicazione e che utilizza immagini e parole per indagare gli stereotipi con i quali è rappresentata la donna nella comunicazione mediatica. Barbara Kruger, Jenny Holzer, Cindy Sherman, Sherrie Levine, Kiki Smith, Nan Goldin e le altre artiste costituiscono un panorama multiforme ed eterogeneo di cui ben presto venne riconosciuta la fondamentale importanza.

Brevi sezioni della mostra bolognese sono dedicati infine all’amicizia tra Robert Mapplethorpe e Patti Smith – da cui fiorirono numerose opere fotografiche che fecero molto discutere e scatenarono l’ira dell’America reazionaria – e alla fine del decennio, che portò via con sé diversi degli artisti presentati in mostra: Warhol morì nel 1987, Basquiat nel 1988, Mapplethorpe nel 1989 e Haring nel 1990, mentre diversi altri si allontanarono progressivamente dai riflettori.

Info: La mostra “Andy Warhol” –  La mostra “Warhol&Friends. New York negli anni ‘80”Arthemisia.it

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