La Palestina è un paese da ammirare ma soprattutto da “vivere”, dopo essersi predisposti a esperienze esterne e interiori illuminanti. Nomi come Gerusalemme, Hebron, Betlemme, Tiberiade, Nazareth, Cafarnao, e mille altri delle tradizioni cristiana, ebraica e islamica, propongono una ri-visitazione di luoghi già idealizzati in passato durante l’insegnamento e la pratica religiosa.
Colpisce anche che in un luogo in conflitto permanente con i diversi invasori, il visitatore venga accolto senza la diffidenza verso lo straniero, ma con il calore verso un ospite gradito. Il viaggio esperienziale che raccontiamo unisce la visita ai luoghi più famosi e l’incontro con le persone nei villaggi per fare la conoscenza della cultura reale del territorio
1°, 2° e 3° giorno: arrivo a Gerusalemme, capitale dell’accoglienza
E’ una chiara mattina di marzo e il nostro gruppetto, è uscito dal taxi collettivo che ci ha portato da Gerusalemme a Jenin, ai confini con Israele, per continuare il nostro viaggio esperienziale. Siamo ancora sotto la suggestione dei due giorni passati nella Città Sacra. Mahmoud, il nostro esperto storico-socio-culturale, oltre a commentare in inglese i siti iconici della Città Santa, ci ha introdotto al silenzio notturno delle stradine misteriose della città vecchia, all’incontro con le comunità religiose e con i gruppi etnici qui stabilitisi in appoggio ai loro pellegrini.E’ stato un viaggio affascinante attraverso le sensibilità religiose di differenti culture. Abbiamo incontrato, oltre alle comunità più numerose di cattolici, ortodossi, armeni, anche gruppi più piccoli di copti, maroniti, gitani, afgani, etiopi, curdi in questa che è veramente una capitale delle etnie del mondo, unite da una stessa ansia di trascendenza.
4° giorno: Jenin, l’ansia di libertà e Burqin, il borgo del miracolo
Ora siamo a Jenin, conosciuta per gli aspri conflitti con l’esercito israeliano durante la 2° intifada (2000-2005) testimoniati dai manifesti di giovani combattenti, affissi nel centro storico di impronta architettonica ottomana ora restaurato. E’ una notorietà che contrasta con l’aperta accoglienza fattaci per la strada, nelle botteghe, negli uffici. Le persone che incontriamo paiono manifestare un desiderio fortissimo di creare un rapporto aperto di integrazione, di scambi tra giovani, di ERASMUS+, di frontiere non chiuse, di libertà. E appunto “Freedom Theatre” è il nome dell’organizzazione teatrale creata dai giovani del Jenin Refugees Camp che siamo andati a incontrare. Lì, Zaira ci illustra e fa assistere ad alcune delle molte attività di insegnamento e pratica teatrale, ci ospita a pranzo, preceduto dall’affettuosa lezione per cucinare un apprezzato ‘maftoul’, il ricco couscous palestinese servito con carne e verdure stufate insaporite con le spezie locali.
Lasciamo Jenin per Burqin, un villaggio celebre per l’antica chiesa ortodossa di S. Giorgio, scavata nella montagna tra il 6° e il 9° secolo d.C. e restaurata nel 12° e nel 18° secolo. Le pareti di roccia, l’iconostasi, le immagini sacre, gli arredi antichi, e soprattutto l’atmosfera di devozione permea la chiesa e il giardino, che si apre sulla splendida vallata. Il gentile ‘papas’ racconta volentieri la storia della chiesa, fino ad aprire il pozzo dove venivano calati i lebbrosi, alimentati con ceste calate dall’imboccatura.
L’orgoglio locale ha nutrito la leggenda per cui proprio in quella zona Gesù fece il miracolo di guarire i 10 lebbrosi ebrei, e di cui solo uno, un Samaritano, tornò a ringraziare. Dalle sue parole emerge anche l’apprensione per l’isolamento delle famiglie cristiane, un tempo comunità fiorente, ora ridotta a poche unità. Lasciato Burqin, la nostra guida Said ci conduce nel centro storico di Arraba.
5° giorno: Arraba, il villaggio dei palazzi dimenticati e Sanur, il nido d’aquila
Lì, davanti al palazzo secentesco di stile Ottomano, costruito dalla ricca famiglia Abd Al-Hadi con lo splendido calcare grigio che diventa rosa al tramonto, incontriamo un piccolo uomo anziano, con la kefiah rossa. In un inglese inframmezzato da qualche parola araba, ci tratteggia in breve la storia del palazzo e della famiglia. “Eh si, nel ‘seicento i nobili nascondevano le loro donne come gioielli. Ma mogli e figlie erano più furbe di loro”. Poi ci indica al di là del portale: “Che cosa vedete?” “Un giardino”. “Bene. In quel giardino il padrone si incontrava con estranei e amici. Ma prima che entrassero, le donne si ritiravano di gran fretta nei loro appartamenti. Chi entrava non poteva vederle e anche a loro era proibito sbirciare. Le donne allora salivano sulla terrazza del tetto e con le amiche dei palazzi vicini si scambiavano confidenze, ricette, pettegolezzi, e sapevano sempre tutto!”
Nei 21 palazzi Al-Hadi, i saloni, i giardini con gli aranci, le terrazze, l’antica moschea interna disegnano un tenore di vita elegante ma non eccessivo, stretto attorno alla famiglia. Oggi contengono un bagno turco, la bottega di un pittore, aule di formazione, una guest-house, laboratori d’informatica. Vi è anche la sede della Arraba Society for Women Development dove realizzano e insegnano agli ospiti a realizzare i prodotti artigianali. Poco distante il calligrafo-disegnatore Mohamed Shareef insegna agli ospiti il disegno artistico delle lettere arabe come pretesto per una breve storia dell’arte araba in Palestina. Qualche altro chilometro e siamo a Sanur, costruita attorno al castello-nido d’aquila da cui si apre una vista bellissima sulla piana e le colline circostanti. Fu costruito nel 1785 da Youssef Al-Jarrar. Jarrar era il nome del clan dominante una grande tribù proveniente dalla regione di al-Balqa sulla riva est del fiume Giordano. In Palestina, acquistarono e conquistarono terre fino a creare un loro territorio da Jaba’ fino a Sanur.
Altre grandi famiglie fecero lo stesso: Gli Abd Al-Hadi a Arraba, i Tuqan a Nablus, i Nimrs in Jenin. Gli Ottomani si servirono di loro includendo i loro villaggi tra i 24 “throne villages” autorizzati a comandare nel territorio, applicare la legge, esigere le tasse, amministrare la giustizia per conto del Governatore Ottomano durante il 18° e 19° secolo.
Furono i secoli d’oro della Palestina, in cui questi grandi feudatari a più riprese cercarono di scrollarsi di dosso il dominio Ottomano, ormai in fase di decadenza. Ma il loro senso di indipendenza, le rivalità, la difesa del potere personale impedirono l’unificazione delle forze e il possibile successo. Fu l’ultima occasione poiché dopo la caduta dell’Impero Ottomano sconfitto nella 1° guerra mondiale, le potenze Europee di Francia e Gran Bretagna si suddivisero le aree di influenza e di occupazione. Dopo la fine della 2° guerra mondiale, infine, gli inglesi divisero il territorio tra ebrei e palestinesi e crearono la condizione di un contrasto mai finito.
E’ ormai ora di cena e torniamo nella home-stay di Ayat Mardawi che illustra la ricetta della “maqluba” con cui poi ceniamo: la cottura del riso, carne e l’infinita varietà di gusti e verdure fino al finale, scenografico ribaltamento dalla pentola sul piatto di portata. Home-stay è il locale della famiglia palestinese destinato all’ospite, che viene invitato prima a cenare con la famiglia, spesso dopo una interessante lezione di cucina da parte della padrona di casa e successivamente pernottare.
Prima di coricarci, facciamo una passeggiata per il paese animato dalle botteghe che offrono lezioni e assaggi di street food, seguita da una visita al parco comunale, con punti di ristoro, giochi e piscine oltre a un belvedere sulla campagna circostante.
6° giorno: Nablus, la città dei due monti
Il mattino successivo proseguiamo per Nablus, sulla carovaniera tra i due monti Gerizim e Ibal, che ne ha fatto il centro economico della Palestina. Lo testimoniano: l’animazione delle strade e l’eleganza dei suoi palazzi (Tuqan, Abd Al-Hadi) nel centro storico; le sue strutture turistiche di accompagnamento, hotel e ristoranti; le moschee che hanno trasformato antiche chiese cristiane (Al-Kebir, An-Naser, Al-Khadrah, Hanbali); le fabbriche di sapone ancora funzionanti, i punti di interesse storico, artistico e culturale quali il teatro e il mausoleo romano, il sito archeologico cananeo, la tomba del Patriarca Giuseppe, il pozzo di Giacobbe.
Non mancano le occasioni di relax negli accoglienti hammam (Al-Hana e As-Shifa), nel caravanserraglio Khan Al-Wakalah, nei cinema, nel souk e nei punti di shopping di ottimo livello. La cena in hotel, con il “mansaf”, il piatto di origine beduina, principe della gastronomia mediorientale, precede il pernottamento
7° giorno: Il ritorno
Dopo un’ultima mattinata in Nablus, il viaggio fino all’aeroporto conclude la nostra cavalcata esperienziale.
Domenico Bearzatto
main@welcome2village.com
Info: viaggi esperienziali attraverso le città più famose e i più bei villaggi della Palestina trovano una guida dettagliata in www.palestine@welcome2village.com. Le Associazioni Rozana (+970 549329543 mai@rozana.ps, info@rozana.ps) e Welcome2Village (welcome2villages@gmail.com) a un costo ridotto forniscono un’assistenza ai viaggiatori “home2home”, virtuale durante il viaggio e personale nelle destinazioni.