Un delizioso angolo di Liguria da conoscere: Cogoleto

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Sulle ali del tempo pre-covid, in volo oltre la pandemia.

Gli itinerari “a raggiera”, quelli nei quali ci si muove da un dato punto e ad esso si torna per poi ripartire e di nuovo tornare, sono i miei preferiti. So bene che spesso è inevitabile procedere “in linea”, ma io, se appena intravedo il modo, cerco di adottare la raggiera. Per vari motivi. Uno viene dall’esperienza: lo stesso percorso, compiuto in un senso e in senso inverso, offre due rappresentazioni differenti della realtà, notevolmente differenti. Cose che erano sfuggite, ora sono in primo piano, il panorama che si era presentato ai miei occhi ora è radicalmente mutato e così via. Un secondo motivo è che trattenersi per più tempo in un ambito territoriale abbastanza circoscritto permette di conoscerlo meglio, anche e soprattutto per via di intrecciabili rapporti interpersonali. E ancora, almeno per me, cambiare continuamente alloggio è una seccatura. Non si tratta solo di bagagli, scarica, disfa, rifai, carica, ma del fatto che io con la stanza che occupo, prendo, quasi d’istinto, una certa confidenza e dopo molto girovagare mi piace percepirla come un porto-quiete.

Oggi è una giornata quasi primaverile, l’aria, di primo mattino, è frizzante, ma presaga di un dolce tepore e il richiamo del mare si fa sentire. Dal mio agriturismo miogliese torno a Pontinvrea (ricordate? da qui avevo raggiunto le sorgenti dell’Erro, Montenotte e l’Adelasia) e mi dirigo verso il Giovo. Fuori dall’abitato, a bordo strada, noto una casa bassa con la scritta Forno 4P. Entro, lo spazio destinato alla vendita ha le dimensioni di una piccola bottega e comunica direttamente con quello assai più ampio destinato alla produzione. Le fragranze pervadono l’aria, focacce, torte dolci e salate, pani e grissini, c’è un che di appena approntato e insieme d’antico. Faccio una ragionevole provvista: stasera Katia non cucinerà. Fortunatamente la camera che mi è stata assegnata è dotata dell’occorrente per far da sé. Sono sicuro che la focaccia e la torta salata riscaldate saranno ottime. Del resto, sono liguri e ci sono cose che se le vuoi speciali bisogna lasciarle fare ai liguri.

Superato il Giovo, inizio la discesa verso la costa. Poco prima di Stella San Giovanni un bivio immette sulla strada, piuttosto tortuosa e con belle vedute, che porta direttamente a Varazze. Prendendo per quella, mi torna alla mente – e come poteva non succedere? – Sandro Pertini, la sua casa natale e il piccolo museo che raccoglie ricordi di un Uomo, una vita spesa sotto la spinta di un forte afflato ideale nella  caparbia risolutezza applicata al bene comune, una profondissima umanità sempre presente, nella buona e nell’avversa sorte, una vita insomma la cui memoria riscalda il cuore. Proseguo e presto mi trovo sulla litoranea. Punto verso Cogoleto dove arrivo rapidamente grazie al fatto che l’Aurelia in questa stagione non è molto trafficata.

Come mai Cogoleto? Confesso, io per questo borgo ho, da parecchi anni, una spiccata predilezione, è bello, specie nel nucleo storico, non è grande, se c’è, c’è poca confusione, ci si sta bene. Il Gruppo del Beigua – cui dedicherò prossimamente una  scorribanda e relativo ragguaglio – si staglia alle spalle dell’abitato. Alzando lo sguardo dal lungomare vedi una continuità mare-monti rotta solo da non invasivi insediamenti. Sembra quasi che quando la montagna s’incupisce sotto un cielo imbronciato, il mare sia pronto a stemperarne l’umore e, a rovescio, quando il mare s’infuria la montagna si disponga ad attutirne gli impeti. Ora mi preme una precisazione: non avendo lo spirito dell’apologeta, dirò che anche qui non manca qualche smagliatura, qualcosa di discutibile, ma si tratta di episodi e in ogni caso di situazioni molto più contenute che altrove.

Cogoleto è in posizione mediana tra Arenzano e Varazze, estremi questi di una stupenda passeggiata lungo la costa, dieci chilometri su quella che fu, fino alle soglie degli anni ’70 del secolo scorso, la sede della ferrovia. La quale, dopo lo spostamento verso l’interno, è divenuta una ciclo-pedonale ed è un compendio magnifico di panorami, natura, e geomorfologia. Decido di percorrere a piedi il tratto Cogoleto-Varazze, denominato Lungomare Europa. Supero il torrente Arrestra e nel rimirare il mare limpidissimo e le piccole spiagge ciottolose, noto il colore bruno delle scogliere dovuto alla presenza di materiali ferrosi. Passate alcune gallerie (sono in tutto nove) le rocce si schiariscono. Interessante è osservare come al tempo della costruzione della vecchia ferrovia siano stati largamente impiegati materiali reperiti localmente, anziché il cemento.

Il percorso si presta a disparati utilizzi, c’è chi corre facendo jogging, il bambino che a bordo della sua automobilina a pedali si sente già “grande” e un altro che, barcollando un po’, e un po’ riconquistando l’equilibrio, s’industria a domare la sua minuscola bici, ci sono ciclisti che se la godono favoriti dal comodo e sicuro tracciato, e c’è chi “semplicemente”, ma è un bel dire, si riempie gli occhi di bellezza e l’animo di serenità.

E’ quasi mezzogiorno. Voglio rientrare rapidamente a Cogoleto per raggiungere poi l’Agriturismo Valdolivo. Un comodissimo autobus mi riporta, in una manciata di minuti, pressappoco al punto da cui avevo iniziato la camminata. Recupero l’auto, attraverso Cogoleto, percorrendo l’Aurelia verso Genova, e ben presto mi appare l’indicazione Sciarborasca: devo prendere per di lì. Fatti tre chilometri, un chiaro cartello indica la meta. Costeggio un campo da golf (18 buche) e sono al parcheggio, poco discosto dalla struttura ricettiva. Ricordo quando ci arrivai la prima volta. Era una sera infrasettimanale d’autunno inoltrato ed io ero l’unico ospite. Mi accolsero come uno di famiglia. Cenai insieme a loro, Sergio Patrone, sua moglie Federica (titolari dell’azienda agrituristica) e i due ragazzi, assaporando una cucina di casa e di assoluta genuinità. Da allora, trovandomi a Cogoleto, soggiorno al Valdolivo. La sua posizione è mare e non è mare e il beneficio è duplice. Si trova  sulla prima elevazione collinare ed è attorniato da un prospero uliveto che dona, oltre al prezioso oro giallo-verde, una tranquillità gioiosa.

Una mattina presto, affacciandomi al balcone che si allunga svoltando dietro la casa, scorsi dei caprioli pascolare. L’atmosfera campagnola, l’aria mista di iodio e di salsedine e dei profumi portati da monte (oltre il colle, c’è il Beigua con cime superiori ai mille metri) e dalla macchia, mi inebriò. La sensazione di benessere che provai ha fatto per me, di questo, un posto elettivo. Sergio, ligure purosangue, attende prevalentemente all’azienda agricola certificata biologica. Produce ortaggi, miele, sciroppi, quel tanto d’olio, eccellente, destinato all’agriturismo.

Lei, Federica Crotti, originaria di Crema, si dedica all’accoglienza e all’ospitalità (3 belle camere con servizi e ristorazione). La sua è una cucina casalinga curata, ligure certo, ma con una impronta lombarda che è un plus. Secondo la più schietta tradizione, i vegetali dell’azienda sono in prima linea e dunque la stagionalità è rigorosamente rispettata. Federica è anche una donna “impegnata” nell’associazionismo professionale ed è, infatti, la presidente di Turismo Verde Liguria.

Lascio il Valdolivo e torno a Cogoleto per trattenermi nel Borgo antico. Il carrugio odoroso di buono, inframmezzato da qualche piazzetta, affascinante, con le botteghe affacciate alla stretta via, le voci dei passanti che si rincorrono, qualcuna echeggia, qualcuno mugugna, m’involge e mi proietta come sul proscenio di una commedia dove mi divido tra un piacevole bighellonare e un riandare al passato. Quindici formelle in ceramica evocano l’estrazione e la lavorazione della calce che fu importante attività già fiorente in epoca romana. Si conserva ancora, ed è una testimonianza, una Fornace, la Fornace Bianchi. Su tutto però domina un nome: Cristoforo Colombo, a cui Cogoleto rivendica, con giusto orgoglio e sostiene con argomenti che diresti convincenti, di aver dato i natali. Anche se va detto, per amor del vero, che sono diverse le località a contendersi il titolo di “patria” del celebre navigatore. La sua casa, seppure visibile dall’esterno, suscita naturalmente emozione. Cogoleto ha anche altro perché la sua è gente di mare e non soltanto. Così si spiega l’esserci una “casa della miniera” e case contadine, ma ne accennerò in occasione della mia prossima “incursione” sul Beigua.

Al declinar del sole, appagato del mio peregrinare, riparto, fedele all’idea della “raggiera”, per Mioglia.

 

Nelle foto una casa ligure tradizionale di queste zone.

Foto copertina di Fabrizio Macci.

 

 

Info: Agriturismo Valdolivo, www.agriturismovaldolivo.it  Cell. +39 333.630.1197

Comune di Cogoleto, Segreteria del sindaco (di straordinaria gentilezza e disponibilità), Tel. 010 91701