Mantovano di origini ma ormai veronese d’adozione, Andrea Manzoli, sta festeggiando un anno storico: i 20 anni di attività di Al Capitan della Cittadella a Verona, locale che condivide con Giancarlo Perbellini ma che sente giustamente “suo” in quanto ha portato la sua filosofia e creatività nei piatti di pesce e la sua maniacale attenzione ad ogni dettaglio
Il successo è cresciuto negli anni e a decretarlo fu un piatto apparentemente scontato ma, se andrete a gustarlo da lui, capirete che “Il mio scoglio e spaghetti” è un vero asso nella manica di questo locale vicinissimo all’Arena, sobriamente elegante in stile mediterraneo, ben insonorizzato e rilassante, con un servizio curato e mai sopra le righe. Un luogo dove si respira l’atmosfera di mari lontani e ci si sente a proprio agio, ancor più quando lo chef viene a salutarti e ti racconta qualche aneddoto sulle sue ricette. Lasciandovi il tempo di gustare quel fantastico piatto di “Spaghetti allo scoglio” torniamo al nostro chef Andrea Manzoli per conoscere la strada che ha percorso in questi lunghi anni, da che iniziò, giovanissimo, alla corte di Giancarlo Perbellini per giungere alla nascita di Al Capitan della Cittadella, decretandone la sua affermazione…
<Ho iniziato che avevo 21 anni da Giancarlo, venivo da esperienze precedenti, avevo lavorato in montagna, sul lago, toccando anche ad altri settori quali la pizzeria, la pasticceria, avevo un’infarinatura generale! Nel 2001 arrivai in questo posto che mi ha aperto gli orizzonti: era il genere di cucina che volevo fare, che mi piaceva, dove ho trovato una persona che mi ha preso sotto braccio e mi ha fatto crescere! Nei cinque anni successivi ci sono state tante soddisfazioni, Giancarlo Perbellini era in un momento di crescita importante, arrivando alla seconda stella! E così abbiamo deciso di aprire questo locale insieme ad altri soci, ed ora siamo rimasti in tre. Così è iniziato il cammino del Capitan della Cittadella: ci siamo focalizzati su un ristorante di solo pesce per dare una scelta solo nel settore mare. Allora non vi erano tanti ristoranti di pesce nel veronese, si si andava sul Brenta o nella laguna di Venezia; la nostra idea fu di dare una proposta che accontentasse i clienti veronesi e di altre provincie>.
E’ stata quindi un’intuizione quella di portare il pesce – soprattutto il pesce di mare – nel veronese, pur avendo il Garda che era un bacino di pesca molto interessante… In questi anni la nascita del Capitan ti vede sempre al timone del ristorante affiancato da Giancarlo?
<In realtà sono partito io, affiancato logicamente da Giancarlo nelle scelte iniziali che abbiamo preso e tuttora procediamo di comune accordo. Io sono qui tutti i giorni a gestirlo, il quotidiano è in mano a me… diciamo che in questi vent’anni mi sono sempre un pò arrangiato, ho imparato anche ad uscire in sala! Questa per me è stata una nuova sfida e ‘ho accolta con piacere perché mi ha abituato a stare a contatto con la gente>.
Hai una grande dote che è la comunicativa; si sa che tanti chef sono un pò ostici – che abbiano la stella o meno – a dialogare con i clienti. La tua carica di entusiasmo e di empatia emerge dai fin dal primo momento, assieme alla spontaneità! E’ bello avere in sala uno chef qualificato che partecipa a quello che sono i piaceri di commensali e clienti…
<Dopo questi vent’anni per me è un punto imprescindibile: se mi riguardo indietro, da ragazzino ad oggi, penso che la cucina sia parte del ristorante ma che non sia l’unico motivo che fa lavorare in una direzione. La sala ha una parte fondamentale e trovare il giusto connubio tra sala e cucina è importantissimo perché riesci anche a comprendere le necessità tra i due settori – la sala e la cucina – che solitamente non avviene. Quello che dicevi tu sugli chef è perché, non vivendo la sala, non capiscono che c’è un altro aspetto ed è molto importante>.
Vorrei affrontare altri due punti, lo staff e la brigata che avete in sala. In certi locali ci sono Maitre od altri Capo camerieri preparati ma un po’ pesanti… troppo spesso ti chiedono come va, a volte alcuni di costoro sembrano più dei dirigenti d’azienda, bravi ma un po’ troppo freddi e distaccati. Voi avete trovato un giusto mix, immagino che per supplire ad una scarsa formazione, avete trovato delle formule per evitare questi rischi?
<Il primo requisito necessario è trovarsi delle persone umanamente giuste, perché noi possiamo formare, plasmare, cercare di far entrare in sintonia i nuovi con quello che è la linea del locale… Non dimentichiamoci che la differenza la fa la persona: devi trovare dei giovani che siano disposti a recepire quello che gli insegni, a metterlo in pratica, perché il nostro è un lavoro dove “si prepara una scena”, quindi il compito che devono fare è quello: devono assorbirlo e sentirsi a loro agio in modo che poi l’esperienza finale sia quella di due ore passate al ristorante che sono scivolate piacevolmente, in cui sei stato bene, hai trovato un servizio affabile ma non ossessivo. Ecco, questo è il nostro obiettivo, devo dire che con quei ragazzi mi tolgo delle soddisfazioni… è un po’ come allevare dei figli: tu sai che è complicato ma quando vedi i risultati il cuore si riempie di gioia! Da questo punto di vista mi ritengo anche fortunato, dopo ci sono tutte le difficoltà del caso però se trovi dei ragazzi che sposano la causa e si mettono in discussione, si mettono in gioco, devi dargli maggior responsabilità, comunque devono entrare in un meccanismo fluido, non per recitare solo una parte, fare un compito, altrimenti succede quanto tu mi hai raccontato prima>.
In questi 20 anni di lavoro quali sono stati i momenti di maggior soddisfazione: perché hai creato un piatto che ha avuto successo o perché hai vinto dei premi, o le soddisfazioni venute dai clienti?
<Sono tante cose che ci spingono tutti i giorni a fare il nostro lavoro e cerchiamo di farlo bene, perché penso che le persone lo capiscano. A livello di premi siamo su quasi tutte le guide, da parte mia non è che non abbia avuto l’ambizione di andare più su, ma ho voluto anche tenere il locale così, con una dimensione secondo me corretta e qualificata. Le soddisfazioni non sono mancate: dal cliente felice questo ti viene riconosciuto! Abbiamo clienti affezionati che vengono da vent’anni, altri con cui scambi due chiacchiere più che volentieri… diventano amici, questo è quello che ci interessa e forse è la soddisfazione più bella>.
La vostra carta a base di pesce è ampia e si è arricchita per questi “vent’anni”. Ricordaci alcuni piatti simbolo come il Crudino, la Granseola, la Frittura del mercato, il Cappon magro e tanto altro…
<La nostra carta è sviluppata su alcuni piatti presenti in pianta stabile, uno è il Crudino, poi il Fritto, il Cappon magro, il Cacciucco: sono i piatti rappresentativi e simbolo del pesce, per questo non li tolgo mai!. E’ una grande soddisfazione perché quando tu crei un piatto che viene richiesto vuol dire che hai colto il segno. Devo dire che questi sono piatti della carta che rimangono in pianta stabile, poi ci sono tutti gli altri che ruotano. Nel “menu vent’anni” ho proposto piatti che ripercorressero i tratti distintivi del Capitan in questo periodo. Ho fatto un “crudo” ad hoc, ma non sviluppato come il Crudino: ho creato questo crudo in cui più soggetti fossero conditi nello stesso modo, per dare armonia al piatto in modo che tutto sia delicato, originale e in filiera.
Poi ho rivisitato la Granseola che abbiamo proposto da sempre: ora è servita con una diversa insalatina: c’è un caviale di pomodoro, il basilico, una maionese al wasabi, quindi una piccola variazione sul tema, perché noi la serviamo classicamente nel guscio con l’insalata e la maionese a parte; questa è una declinazione per rendere omaggio a un grande classico che facciamo da sempre, ma rivisto in modo diverso.
Riguardo al primo piatto ho voluto fare dei Gnocchi di patate perché almeno una volta all’anno gli gnocchi entrano in carta, e quest’anno l’abbiamo fatto con dei crostacei preparati alla griglia, con una riduzione di crostacei, la bottarga e una salsa verde delicata che riporta l’affumicato della griglia. E’ stato come giocare con dei classici ma rivisti in modo diverso, senza strafare ma cercando di rendere onore ai piatti. Anche l’Alice in panzanella è un grande classico (nella foto), lo faccio da più di dodici anni e nel periodo estivo ha molto successo perché è sfizioso: c’è un’alice fritta ma condita con una panzanella montata al momento sul piatto.
Come secondo piatto salato di pesce ho preparato un Trancio di spada dei nostri mari: puntiamo molto sulla qualità della materia prima e utilizziamo degli spada piccoli, serviti con gusti decisi: la chinoa profumata al peperone, il pesto di basilico, le zucchine croccanti e la maionese, tostati insieme. Quindi si gioca un po’ sulla nostra classicità, sui pesci dei nostri mari con i gusti mediterranei che possono stare insieme.
Alla fine la chiusura è con la nostra Coppa di ricotta, una spuma di ricotta di bufala con la gelatina di cedro candito e amarene: per me è un dolce simbolico, lo faccio da quasi 15 anni, dopo un pranzo e una cena di pesce è molto apprezzato perché leggero, soffice, molto arioso, con quei gusti che sgrassano e lasciano pulita la bocca, dando una piacevole freschezza. Questo è il menu che ho concepito per i “vent’anni”, giocando un po’ sui classici e apportando qualche cambiamento ai piatti>.
Restiamo sul mondo ittico: che tipologie di pesce hai preferenza a proporre?

Il Cappon magro di Andrea Manzoli
<La concezione dei ristoranti di pesce in realtà è molto particolare, ci sono diverse variabili, una è sicuramente la pescosità dei nostri mari che sta diminuendo, l’impazzire delle stagioni che ha mutato la stagionalità di tanti pesci ed ora si pescano per periodi più prolungati, il mercato che a volte non riesce a sopperire all’esigenza e i prezzi che diventano folli anche in virtù del fatto che c’è molta richiesta e poca offerta. In un ristorante di pesce puoi spaziare tra Crostacei, Molluschi, pesci da lisca: queste sono le tre categorie ed i sottoprodotti che possono essere la bottarga, piuttosto che un marinato o una cosa che tu fai con una parte specifica del pesce, però i soggetti sono quelli e rispetto anche a tanti anni fa si fa più fatica a reperire alcune cose>.
Chef Andrea prosegue a descriverci la sua cucina con entusiasmo, si vede quanto ama il suo lavoro e ci svela alcuni segreti dei suoi piatti.
<Ci sono delle cose che una volta reperivi in certe stagioni adesso praticamente è possibile, mi viene in mente i sottoli che sono delle piccole seppioline, le seppie di burchio, ci sono cose che sono talmente di nicchia, sono delle chicche che addirittura o non le trovi, se le trovi hanno prezzi allucinanti, basti pensare adesso alle ‘moeche’, un presidio slow food che si trova solo in Veneto in due periodi dell’anno: adesso non le puoi neanche proporre, in questa settimana arrivavano a 150 euro al chilo, perciò diventa difficile proporle al ristorante perché devi prepararle, friggerle ecc. Tutto questo rende molto complesso creare il menù: i soggetti rimangono quelli perché poi di pesce non è che ce ne siano milioni; noi cerchiamo di trattarlo in modo rispettoso utilizzando diversi tagli del pesce… Adesso si usano anche le guance piuttosto che le retro branchie del pesce: sono parti eccezionali e bisogna farle conoscere perché la gente è abituata a mangiare il filetto, il trancio, ma ci sono cose che si possono fare veramente bene, a cui va data più importanza rispetto a quello che si propone di solito, dopo le tipologie di pesci>.
Io noto il tuo modo di proporre il pesce che è piuttosto raro: degustare un’alta cucina di pesce che però abbia l’identità dei sapori! Non sempre è così: tanti chef fanno una cucina talmente creativa che diventa un intruglio dove non hai più un filo conduttore! E questo accade sia per il pesce che per altri piatti… Tu riesci a trattare il pesce, curandolo con equilibrio, inserendo erbe o altro per far risaltare i sapori. E’ una grande dote che hai, spiegala ai nostri lettori.

Andrea Manzoli cura ogni dettaglio dei suoi piatti
<E’ un gran bel complimento e mi fa molto piacere perché è quello su cui lavoro! Mi dicevi le soddisfazioni… certo, quelle sul volto dei clienti che mi dicono che riesco a cucire insieme i gusti senza sovrapporli… addirittura ho avuto una cliente storica che mi ha detto. “Guarda tu hai una dote innata, sei come un equilibrista, riesci a mettere a cucire insieme i gusti senza mai farli sovrapporre, esasperato e li fai stare nel piatto in un modo magistrale. Sono bilanciati, esaltano il pesce ma ne fanno anche un piatto unico particolare. Quindi te lo dico con grande certezza che è la prima sensazione che ho avuto, la seconda è stata riconfermata e mi pare giusto scriverlo anche”. Sono pignolo, lo ammetto: dico ai ragazzi di assaggiare sempre, di capire se le proporzioni sono giuste. Un pesce con troppo contorno perde importanza, tutto deve essere bilanciato. Credo che questo equilibrio sia il tratto distintivo del mio lavoro>.
Al Capitan della Cittadella – Piazza Cittadella, 7/a, Verona Tel. 045 595157 – info@alcapitan.it

