Alla ricerca dei borghi in Costa Azzurra tra ritmi lenti, arte, fiori e profumi

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Emblematico del drammatico periodo in cui un virus misterioso ci ha impedito di vivere è stato per me il non poter viaggiare. Ora che i vaccini permettono di farlo, è bene scegliere mete affidabili come la Francia sia per il fascino di molte sue destinazioni e per la cultura del ‘bien vivre’, sia per la serietà e la tempestività con cui è gestita la lotta al covid. Si può fare affidamento inoltre sulla disponibilità, efficienza e cortesia di Atout France. In questa situazione è stato psicologicamente salvifico viaggiare con la mente per rivivere emozioni provate o per sperare di scoprire luoghi di cui ci si è innamorati leggendo splendide pagine di tanti autori.

Il mio itinerario inizia a Biot, affascinante borgo a pochi chilometri da Cannes, in cui con mia moglie desideravamo trascorrere un romantico weekend in occasione della Festa della mimosa, splendido fiore che rende uniche quelle colline della Costa Azzurra. Biot è un angolo di storia, cultura e arte tale da essere definito Ville de Création, se non altro per i circa 50 atelier aperti al pubblico: ceramisti, illustratori, artigiani del gioiello… inoltre è considerata la capitale dell’arte del vetro la cui espressione più originale è il ‘verre bullé’, vetro che racchiude piccole bolle. Il fascino di quest’arte che coniuga luce e leggerezza suggerisce di non ignorare l’offerta di una ventina di atelier: uno stage (da un’ora a una settimana) per scoprire i segreti del mestiere. Artisti come Raymond Peynet (vi ha fatto vivere i suoi ‘Amoureux’) e Fernand Léger hanno scelto di lavorare in questo borgo per la sua bellezza e per il fascino emanato dalle antiche stradine che si arrampicano sulla collina facendo rivivere una storia che si dipana fino ai nostri giorni dall’origine celto-ligure attraverso cinque secoli di predominio romano, di cui restano molte vestigia, e durante l’Alto Medioevo cent’anni di dominio dei Cavalieri Templari cui Biot deve la sua unità territoriale. Una storia raccontata da porte fortificate, mosaici e monumenti storici quali la Chiesa di Santa Maria-Maddalena, la Cappella Saint Roch

Da non perdere gli affascinanti giardini privati Chèvre d’or e Bastide de Roy, il Musée National Fernand Léger (unica collezione permanente al mondo delle sue opere del periodo 1905-1955), il Musée de Biot dedicato alle tradizioni e all’artigianato locali e l’Ecomusée du verre per la storia e i segreti del vetro soffiato. I sapori delicati e leggeri della cucina regionale si possono gustare – abbinati a ottimi vini locali – in uno dei tanti ristorantini tipici con grande soddisfazione della gola la quale peraltro non dovrebbe essere privata della gioia di esplorare le creazioni dello chef Michaël Fulci: l’appuntamento è a ‘Les Terraillers’, ristorante ospitato in un edificio (XVI secolo) che ha conservato l’atmosfera della sua originaria vocazione di produrre ceramiche.

A pochi minuti da Biot un’altra chicca di questo suggestivo angolo di Francia: Mougins, un borgo ideale per chi cerca i ritmi lenti della natura con i suoi profumi e colori. L’affascinante dedalo di vicoletti arroccati sulla collina ha talmente sedotto Picasso con la dolcezza e luminosità della sua atmosfera da convincerlo a viverci per il resto della vita. Laboratori e gallerie ospitati in antichi edifici, musei tra i quali il Museo d’Arte classica (che ospita anche una collezione di dipinti di Matisse, Chagall, Picasso…) e il nuovo Centro della fotografia rendono questo borgo una meta per artisti e appassionati. La Chapelle de Notre-Dame-de-Vie (XVI secolo) è sorprendente per la conservazione delle origini romaniche: bello scoprirne la storia nella magica atmosfera della sua architettura. Mougins è ideale per chi cerca il benessere dello spirito e del corpo nelle cose semplici come passeggiare lungo il fiume Slagne e nel Parco Naturale della Valmasque o inebriarsi per la spettacolare collezione di fiori di loto nello stagno di Fontmerie. È un angolo, raro per la nostra epoca, in cui si respira ancora lo spirito cortese che fu dei trovatori e menestrelli nell’epoca medievale.

Poiché il ricordo privilegia sempre i luoghi del cuore ci dirigiamo a Saint-Paul-de-Vence, villaggio medievale di cui è difficile descrivere con le parole atmosfera e bellezza. Saint-Paul è una delle poche località in questa ‘civiltà’ succube delle auto a essere pedonalizzata consentendo di godere con tranquillità il fascino dei tortuosi vicoletti dalle belle facciate e delle romantiche piazzette, le botteghe artigiane e gli atelier degli artisti: basta sfuggire (passeggiando lungo le antiche mura) alle odierne orde saracene dei ‘turisti dell’orologio e del souvenir’.

Curiosando nelle gallerie, si possono incontrare artisti più o meno noti con cui confrontare le proprie sensazioni: da decenni infatti questo borgo è stato scelto da pittori, scultori e scrittori per riposare o, stimolati dalla bellezza che si respira, per creare. Nel secolo scorso, per strada, nei caratteristici caffè o negli accoglienti ristorantini (dove poter gustare tipicità locali come la brissaouda) si incontravano Bonnard, Braque, Chagall, Léger, Matisse, Mirò, Picasso, Utrillo… Molti dei loro capolavori si possono ‘gustare’ nella Fondazione Maeght, uno dei più importanti musei al mondo dedicati all’arte moderna e contemporanea. Imperdibile la visita al relativo parco i cui pini marittimi ombreggiano una mostra d’arte all’aperto con, tra l’altro, mosaici di Braque e Chagall e sculture di Giacometti e Mirò: di quest’ultimo splendido il Labirinto con circa 140 sculture.

Quest’estate Saint Paul offre anche la 2ª Biennale Internazionale (fino al 2 ottobre) con opere di 18 artisti emergenti esposte nelle strade e nelle piazze del borgo. In contemporanea si svolgono Une galerie, un artiste (un percorso tra gallerie che presentano la personale di un artista) e Les Giacometti: une famille de créateurs (fino al 14 novembre) per scoprire il talento e l’originalità dei cinque Giacometti. Meritano una visita, qualsiasi sia il tempo disponibile, la Collegiata della Conversione (XII secolo) in cui tra l’altro vi è uno splendido Tintoretto e la Chapelle Folon, una struttura del XVII secolo (la Chapelle des Pénitentes Blancs) arricchita dall’artista belga con mosaici, vetrate, sculture e pitture che esprimono il suo messaggio di amore e pace.

Sul calare della sera – eventualmente dopo una gustosa cenetta all’Auberge de la Colombe d’Or (ha conservato quell’atmosfera particolare che aveva sedotto molti artisti da Picasso a Matisse, Braque… che ne erano divenuti habitué) consumata nella sala ristorante sotto lo sguardo dei tanti capolavori del Novecento che occhieggiano dalle pareti – è suggestivo passeggiare nel silenzio rotto soltanto dai suoni della natura cercando deliziosi angoli o eccezionali vedute sulla valle e sulla costa della bella e modaiola Cagne-sur-mer. Un’esperienza indimenticabile.

Abbandonata Saint Paul con rammarico e con il fermo proposito di tornarvi, raggiungiamo dopo circa 3 chilometri Vence, graziosa località di origine gallo-ligure che – all’interno della duecentesca cinta muraria – conserva la vielle ville (XIII secolo) deliziosa per le piazzette con le zampillanti fontane e l’aria ricca di coinvolgenti profumi dei molti negozietti (merita alzare lo sguardo sulle insegne) di prodotti locali. Volendo ascoltare i suggerimenti della gola, è d’obbligo fare un’approfondita visita al mercato di Place du Grand Jardin o esplorare la talentuosa gastronomia locale in Place du Peyra. Anche Vence (nella foto di copertina) è stata ed è cenacolo di artisti le cui splendide tracce non sono solo nei musei: a Matisse, per esempio, deve la stupefacente Chapelle du Rosaire mentre è di Chagall lo splendido mosaico della Cathédrale de la Nativité-de-Marie in cui è possibile ammirare anche frammenti di un sarcofago gallo-romano, sculture carolinge e statue lignee.

Dopo averne equamente approfondito i diversi aspetti culturali, ci dirigiamo verso Grasse, una delle 208 Villes d’Art e d’Histoire, nei miei ahimè lontani ricordi giovanili, capitale della lavanda. Dalla cassaforte della memoria riemergono le distese profumate di uno splendido blu violetto, ma anche la meraviglia per il borgo medievale (raro esempio di architettura genovese-provenzale) con le sue piazzette e viuzze strette e pittoresche per le case dai balconi fioriti. È sufficiente guardarsi intorno per condividere la scelta di tanti artisti di vivere in queste località: Grasse ha affascinato, tra gli altri, miti della moda come Coco Chanel, Christian Dior (il castello restaurato è location di eventi) o cantanti come Edith Piaf, l’indimenticabile voce de La Vie En Rose. Risale al XVI secolo il legame tra Grasse e l’arte del profumo. È, infatti, Caterina de’ Medici (la moglie di Enrico II) a lanciare la moda di profumare i guanti delle dame di corte e a promuovere la coltivazione dei fiori necessari per i nuovi profumi. Ancora oggi il borgo emerge da un mare di colori (qua e là attraversato da strade panoramiche) tra i quali spiccano quelli delle rose (la più famosa è la Rosa Centifolia o di Grasse), tuberose, violette, gelsomini (fondamentali per il mitico – per la mia generazione – Chanel N° 5, prediletto da Marilyn Monroe) e ovviamente della lavanda.

Decine di produttori, la creazione di alcune delle essenze più famose, le fabbriche-museo (come Fragonard) e i giardini profumati e organizzati in base alle fragranze come il Jardin du Mip sono espressioni del rapporto di Grasse con l’arte del profumo. Ricordo che da Molinard era possibile creare un profumo personalizzato scegliendo con l’aiuto di un esperto la fragranza più adatta: un’esperienza divertente e coinvolgente. Oltre al Museo Internazionale della Profumeria (Mip), unico al mondo per la sua completezza e per le collezioni di piante aromatiche e profumate del suo giardino, sono molto interessanti il Museo del Costume e del Bijou e il Musée Fragonard che ospita la più ampia raccolta (dopo quella del Louvre) delle opere di questo importante pittore del XVIII secolo.

Da non perdere la Cattedrale di Notre Dame du Puy (XII secolo) per la facciata romanica e le pregevoli pitture di Rubens e di artisti di Grasse come Jean Honoré Fragonard. Affascinante nella bella coreografia – oltre trenta edifici con portici e balconi con ringhiera a merletto – di Place aux Aires è il Mercato di fiori e verdure: un trionfo di profumi, colori e ‘cose buone’ presentati con il fascino dell’eleganza francese.

Brasserie e ristorantini, che numerosi occhieggiano invitanti, offrono l’occasione per approfondire la cultura popolare attraverso i piatti della tradizione come la Brioche aromatizzata ai fiori d’arancio, la Fugasse (focaccia provenzale con olive e formaggio), la Fugassette (focaccia morbida ai fiori d’arancio), lo Iou fassoum (minestra a base di cavoli) o la Torta di zucca. La mia gola ricorda con nostalgia la Sella d’agnello arrosto in crosta d’erbe e il Tonno alle spezie (abbinati a ottimi vini locali) gustati in piacevoli locali che mi auguro esistano ancora.

Info: Atout France, it.france.fr