A Milano Umberto Boccioni è il protagonista di una mostra che intreccia arte e memoria: un percorso che riporta alla luce la straordinaria vicenda della Collezione Baer, fulcro dimenticato del collezionismo d’avanguardia del primo Novecento

Umberto Boccioni, Mia madre
Dal 3 al 30 ottobre la Galleria Bottegantica di Milano ospita la mostra Boccioni e i Baer. La storia di una collezione ritrovata, un tributo al maestro del Futurismo e alla sua relazione con una delle famiglie più influenti del collezionismo milanese.
A quattro anni dalla rassegna Il giovane Boccioni, il nuovo progetto indaga il legame tra l’artista e i Baer, famiglia di industriali e mecenati ebrei di origine tedesca, che contribuirono alla sua fortuna internazionale. Il ritrovamento di quattro disegni inediti provenienti dalla loro raccolta diventa il punto di partenza per ricostruire una vicenda artistica e umana di rara intensità.
Mecenatismo e amicizie nell’alta società milanese
I contatti fra Boccioni e i Baer nacquero verosimilmente all’interno del raffinato entourage culturale di Margherita Sarfatti, crocevia di scambi intellettuali e politici. Betty Baer, moglie di Samuele, era già attiva nell’associazionismo femminile e nell’emancipazione della donna, a fianco di figure come Alessandrina Ravizza. La comune frequentazione di questi ambienti alimentò il suo interesse per l’arte e aprì a Boccioni nuove relazioni: dalla famiglia Ruberl a Leisel Hammerschlag Ruberl, figlia dell’attivista Meta Quarck, fino a Vico Baer, che divenne per l’artista “l’unico amico che mi rimane”, come scriveva nel 1914.

Umberto Boccioni, Testa Futurista
Il nucleo collezionistico dei Baer si distingue, secondo i documenti dell’epoca, per qualità e ampiezza. Nella mostra postuma del 1933 al Castello Sforzesco di Milano, dedicata a Umberto Boccioni, figuravano ben 38 opere prestate dai due cugini Vico e Betty Baer, tra dipinti, disegni e studi. La raccolta comprendeva lavori legati allo sviluppo di La città sale, uno dei massimi capolavori del Futurismo, e ritratti significativi come quello di Betty Baer con la figlia Nora del 1909, testimonianza del rapporto diretto tra l’artista e la famiglia.
I quattro disegni inediti riemersi – tra cui uno studio di “testa futurista” – sono ora al centro della mostra milanese e contribuiscono a delineare con maggiore precisione la fisionomia di una collezione che, accanto alle tele e ai bozzetti di Boccioni, annoverava opere e studi preparatori di grande interesse. Insieme a essi vengono esposti altri lavori dell’artista, come il ritratto dello scultore Riccardo Ripamonti, che restituiscono la vivacità del suo linguaggio pittorico nella fase di passaggio dal Divisionismo al Futurismo.
La dispersione del patrimonio

Umberto Boccioni, Ritratto dello scultore Ripamonti
Pochi anni dopo la mostra del 1933, le leggi razziali e la guerra frantumarono le sorti dei Baer. Ludovico con la sua famiglia trovò rifugio prima in Svizzera e poi negli Stati Uniti; Nora, ritratta bambina da Boccioni nel 1909, riparò in Inghilterra; Gemma emigrò nel 1939. Altri, come Marianna Baer e il marito Giuliano Treves, furono coinvolti nella Resistenza: Giuliano morì a Firenze durante le azioni di liberazione, mentre il fratello Mario restò in città aiutando altri ebrei in fuga.
Dopo la guerra la collezione andò progressivamente dispersa tra vendite e donazioni: fu Vico Baer a destinare opere al MoMA di New York e a donare nel 1951 alla Pinacoteca di Brera l’Autoritratto boccioniano del 1908.
Opere perdute e capolavori inediti
La mostra offre dunque al pubblico l’opportunità di riscoprire non solo opere considerate perdute, come il Ritratto di Vico Baer, ma anche capolavori inediti come il Ritratto di Gemma Baer, sinora ignoto alla letteratura boccioniana. L’esposizione è accompagnata da un volume curato da Niccolò D’Agati, con un testo di Ester Coen, che arricchisce il percorso con materiali d’epoca e documenti sulla famiglia Baer, ricostruendo per la prima volta l’ampiezza e il valore di questa raccolta pionieristica del Futurismo.
Info: bottegantica.com